Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
17 gennaio 2017

Gentiloni: uomo-portafoglio per i debiti di Renzi

Come volevasi dimostrare: i debiti lasciati dal governo Renzi esistevano veramente. E ora toccherà pagarli al premier subentrante, Paolo Gentiloni.

Ma si tratta solo della consueta partita di giro, gestita in casa, all'interno del Partito Democratico e di questo governo-fotocopia. Una situazione che almeno non obbligherà i vecchi o rinnovati ministri a inscenare il solito teatrino, quello dei nuovi arrivati che si stracciano le vesti accusando i precedenti inquilini di Palazzo Chigi di qualunque delitto e che nel rimpallarsi le imputazioni sprecano un anno di lavoro. Stavolta non dovrebbe esserci la lotta di veline, perchè c'è Gentiloni che dovrà diventare l'uomo-portafoglio dei debiti di Renzi. Resta però un interessante dato politico: il tour della Penisola fatto dall'ex premier e dalla sua sodale Boschi, finalizzato a promuovere il Sì al referendum e che ha lasciato ai cittadini un pesante dazio da pagare, un'antipatica eredità prevista anche su Sputnik.

Il conto presentato dall'UE è salatissimo, con 3,4 miliardi di euro di manovra correttiva che corrispondono a due terzi del gettito ex Ici sulla prima casa. È una cifra destinata a impedire l'ennesima procedura d'infrazione, che toglierebbe la terra da sotto i piedi a uno Stato cui gli organismi comunitari hanno già largamente concesso flessibilità nelle norme sul pareggio di bilancio e sul patto di stabilità. Questo lassismo era stato mal digerito da gran parte dell'establishment di Strasburgo e di Bruxelles, che conoscono bene i pregi e i difetti della classe politica italiana.

C'è da domandarsi se gli argomenti addotti dal ministro dell'Economia Padoan, cioè la deflazione e le condizioni di mercato avverse alle privatizzazioni (che considera fattori fuori dal controllo del Governo), potranno convincere l'Eurogruppo a lasciar decadere l'eventuale procedura d'infrazione; però diventa difficile crederlo dopo il declassamento del rating dell'Italia e dopo le previsioni sulla crescita economica tutte riviste al ribasso.

Il Fondo Monetario Internazionale, infatti, ha recentissimamente comunicato di avere "limato" le stime di crescita del nostro Paese previste nello World Economic Outlook sia per l'anno in corso sia per quello successivo: il PIL crescerà dello 0,7% nel 2017, vale a dire 0,2 punti percentuali in meno rispetto alle stime di ottobre, mentre nel 2018 la crescita sarà dello 0,8%, ossia 0,3 punti in meno rispetto alle valutazioni precedenti. I dati dell'FMI stridono fortemente con le previsioni economiche mondiali, nelle quali il PIL globale viene visto aumentare addirittura di più del 3%. L'Italia viaggia quindi in controtendenza e sarebbe veramente complicato per i membri "virtuosi" dell'UE non attribuire la colpa del mancato aggancio dell'Italia alla ripresa internazionale alla sua stessa classe politica.

E allora come fa Gentiloni a confermare in carica la squadra economica renziana? Secondo i beninformati, la maggior parte dei consulenti economici del precedente governo dovrebbero restare al loro posto.

Nell'attuazione della legge di Bilancio continueranno ad operare Luigi Marattin e Marco Simoni, mentre ci sarà ancora il consigliere Yoram Gutgeld in qualità di responsabile della spending review. Infine verrà richiamato anche Marco Piantini, ex giovane collaboratore di Giorgio Napolitano sui temi europei e incaricato dall'ex premier di seguire la riforma della governance UE. Sorge spontanea la domanda, magari banale, ma sempre attuale: in Italia per veder finalmente cadere qualche testa (in senso metaforico, per carità), quali scempi bisogna commettere? Il debito pubblico è aumentato di altri 5,6 miliardi in un mese, attestandosi a quota 2.229,4 miliardi. Ai cittadini è stato garbatamente chiesto di aprire il portafoglio e donare 20 miliardi di euro per evitare il crack di una banca da sempre legata all'area di centrosinistra. La spending review latita, e non certo a causa di un referendum perso, come testimoniato dalla Ragioneria dello Stato, secondo la quale un esito diverso non avrebbe prodotto tagli rilevanti agli sprechi e alle eterne inefficienze dello Stato. L'elenco dei fallimenti potrebbe continuare, ma ci fermiamo per motivi di spazio. Quello che sconcerta è che sono tutti ancora lì, inamovibili, coloro che hanno generato l'ennesima débâcle economica del Belpaese. Classe dirigente, ceto politico, consiglieri esterni o interni, corpi intermedi e così via, tutti impegnati strenuamente nella battaglia di autoconservazione, quella che evita loro gli esami di coscienza e la ricerca delle responsabilità, quella che per il momento sta evitando la loro estinzione.

di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia
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