Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
09 dicembre 2017

Il re Matteo è nudo, ma il Paese è in mutande

I sonori schiaffoni rifilati a Renzi a ridosso della campagna elettorale da alcuni suoi probabili alleati (Pisapia, Calenda, Grasso, Alfano) consegnano l'immagine di un'Italia ancora più debole di quanto sia mai stata negli ultimi anni.

Forse, a furia di ribaltare il tavolo sulla testa dei compagni di gioco, l'ex rottamatore ha finalmente ricevuto analogo trattamento o forse, coi sondaggi che danno ampiamente in vantaggio il centrodestra, la paura di bruciarsi è così alta da far sembrare la nave di Renzi un Titanic da abbandonare in fretta. Così, re Matteo è rimasto nudo, l'Italia sta in mutande, spogliata economicamente e moralmente dai governicchi che hanno preferito elargire mance per arruffare qualche voto e cedere a qualunque imposizione più o meno esplicita arrivasse da centri decisionali sovranazionali.

Sia chiaro, il fallimento di oggi è il prodotto sommato di decenni di scelte sbagliate o persino delinquenziali, partendo dalla Prima Repubblica e senza escludere nessuno: gli orrori amministrativi e legislativi hanno accomunato destra, sinistra, centro, movimenti, cespugli, cugini e parenti. Tuttavia, una responsabilità maggiore ce l'hanno quelli che nell'ultima legislatura hanno goduto del vantaggio di governare con il beneficio di fattori favorevoli come la ripresa economica internazionale, che ha messo una pezza sul fallimento delle riforme chieste all'Italia dalla UE.

Si ricordi la maggiore flessibilità ottenuta a livello comunitario sui rigidi parametri europei, acquisita non tanto grazie alle mirabolanti slide di Matteo, quanto per il timore di un default italiano che facesse implodere l'euro. Si rammentino le percentuali su cui contava il leader del PD all'indomani delle elezioni europee: una dote enorme pensando che era uno degli azionisti di maggioranza del PSE. E infine non dimentichiamo i tassi d'interesse scesi in modo impressionante grazie soprattutto all'aiuto di una troika oltremodo interessata, che in un clima di sfiducia generale verso l'Euro come moneta unica e come simbolo, (culminata poi nella Brexit) desiderava che almeno l'Italia avesse un governo stabilmente supino ai suoi diktat. 

L'Ocse ha certificato una ripresa del sistema Paese, che però deriva dalla privilegiata congiunzione astrale descritta prima. Non è una visione di parte, perché basta constatare i dati degli altri Paesi che crescono tutti più di noi: se le famigerate politiche riformatrici avessero colto nel segno, sarebbe l'Italia a guidare lo sviluppo in Europa e non trovarsi a rimorchio dei principali competitor. E non solo, l'Ocse dice poi che l'Italia è il Paese che fa più cassa grazie alle tasse: la percentuale di entrate fiscali sul totale delle entrate del Governo nel 2015 si attestava infatti al 91,4%, contro una media Ocse dell'82%, cioè il livello più alto tra i 35 Stati dell'Organizzazione di Parigi. Oltre a questo record imbarazzante per un Paese in cui i consumi interni sono al palo nonostante i timidi segnali di ripresa, vi è la questione delle nuove povertà.

L'Istat ha comunicato che in Italia un cittadino su tre è a rischio di esclusione sociale: sono almeno 18 milioni di individui, cioè 5 milioni in più rispetto al target fissato dall'UE; anche sul fronte della distribuzione sociale di tale ripresa la situazione è pessima, perché pur avendosi una significativa e diffusa crescita del reddito disponibile e del potere d'acquisto delle famiglie, l'Istat dice che la crescita del reddito è più intensa per il quinto più ricco della popolazione, trainata dal sensibile incremento della fascia alta dei redditi da lavoro autonomo, in ripresa ciclica dopo diversi anni di flessione pronunciata. In altre parole, il rapporto tra il reddito del 20% più ricco e il reddito del 20% più povero è aumentato da 5,8 a 6,3 volte.

Il ministro dell'Economia Padoan saluta i dati Ocse come "lusinghieri". Che faccia tosta! Comunque, al netto delle difese d'ufficio autoreferenziali vi è la bocciatura arrivata dai banchi del proprio Governo: il ministro Calenda ha affermato a Il Foglio che c'è una fuga dalla realtà, mi dispiace per il Paese che non si parli dei problemi concreti, la discussione ormai è tra ‘meno tasse per tutti' e ‘ancora meno tasse di quello che dice meno tasse per tutti', e poi il cane agli anziani. È come se tutti fuggissero dalla realtà, che impone scelte controverse. Ma questa fuga non li premierà. Sembra una confessione del fallimento del progetto renziano e più in generale della politica italiana di oggi, rafforzato dalla scelta del Ministro di non ricandidarsi per nessun partito, opzione inusuale nel Paese in cui non si molla il cadreghino nemmeno per presentarsi in Tribunale.

Detto ciò, il crollo del Partito Democratico nei sondaggi (pericolosamente vicino al 20%) dovrebbe preoccupare gli osservatori politici. Il rischio di non aver neppure un governo di larghe intese è reale, se i partiti di massa smetteranno di essere tali, non avendo più i numeri per guidare il Paese. Il timore è che di fronte a uno stallo l'UE decida di commissariarci. E che lo faccia in modo ufficiale o in modo occulto non importa più, perché ormai conosciamo le conseguenze sociali che l'Italia porta ancora come cicatrici dai tempi in cui ci venne imposto Mario Monti.

di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia

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