Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
19 marzo 2018

Accenni di intesa Lega-M5S, mentre l’Europa sembra adeguarsi

La soluzione più probabile per un nuovo governo in Italia sembrerebbe, in questo momento, un accordo Lega-M5S: proprio i due partiti sui quali da mesi era concentrato il fuoco di critiche e illazioni da parte dei media italiani ed europei.

I leader di queste forze politiche, definite sbrigativamente "populiste" da giornalisti faziosi e superficiali, stanno prendono le misure l'uno all'altro, si stanno studiando. Hanno fondato il loro successo su programmi decisamente differenti tra loro, perciò la sintesi appare difficile, ma il dato di fatto è che stanno "flirtando" per provare a chiudere un accordo che non si limiti alla spartizione della presidenza delle Camere.

L'obiettivo più o meno dichiarato è arrivare a un governo capace di fare una legge elettorale con premio di maggioranza che garantisca la governabilità, traghettando così il Paese verso una nuova consultazione elettorale basata su un sistema più ragionevole. Potrebbe esservi un passo indietro di Salvini e Di Maio per portare alla scelta di un garante condiviso da entrambi; si potrebbe concludere un accordo su tre o quattro punti programmatici da attuare in 6 mesi (per esempio l'abolizione dei vitalizi, il dimezzamento delle indennità parlamentari, il disbrigo degli adempimenti comunitari, la predisposizione di un Def conservativo, a parte la già menzionata legge elettorale): in questo modo si eviterebbe di vedere il proprio operato giudicato e impallinato dall'UE con il pretesto delle coperture finanziarie.

Un copione del genere sarebbe un piccolo grande capolavoro politico perché incanalerebbe il consenso su due soli partiti, tagliando fuori paradossalmente non gli estremi — come si era soliti fare in passato — ma proprio i moderati, veri o presunti e comunque quelli che fino a ieri erano gli interlocutori privilegiati delle masse. Forse è fantapolitica, eppure vediamo già i primi tentativi dei gruppi lobbistici di fagocitare gli ormai ex nemici giurati. Non può essere una coincidenza, infatti, che Di Maio sia stato appena acclamato dall'assemblea di Confcommercio come fosse il prossimo premier, o che Matteo Salvini venga definito dal Washington Post a genial 44-year-old everyman, affabile uomo comune, il contrario insomma di come i media internazionali lo descrivevano fino al 3 marzo.

Anche Bruxelles, intanto, fa finta di nulla nel tentativo di parare il colpo infertole dalla volontà popolare dei cittadini italiani: Moscovici, commissario UE per gli affari economici e monetari, ha infatti detto che l'Italia resta un partner solido e affidabile e ha persino bacchettato l'alleato storico Padoan, ministro dell'Economia sotto Renzi e Gentiloni, che aveva espresso un giudizio negativo sull'Italia post voto: Padoan dice che ho detto il contrario? Non mi pare proprio di aver fatto questa dichiarazione.

Tuttavia, nell'attesa delle mosse del presidente della Repubblica, che avranno un ruolo fondamentale nella composizione del prossimo governo, ci preoccupiamo per questi dati: a gennaio il debito pubblico delle amministrazioni centrali (cioè dello Stato) è cresciuto di 23,3 miliardi e quello delle amministrazioni locali di 0,5 miliardi, mentre il debito degli enti di previdenza è rimasto praticamente invariato. Sono cifre mostruose che dovranno essere affrontate da chiunque decida di assumersi l'onore e l'onere di guidare il Paese: l'eredità lasciata dai precedenti governi è di quelle pesanti. Ci sono clausole di salvaguardia sull'aumento di accise della benzina e Iva per 30 miliardi di euro, e a breve finirà anche l'effetto del Quantitative Easing, come ricordato da Draghi, ma il debito continua a lievitare, sintomo di una spending review mai attuata; una situazione tale per cui è quasi impossibile cavalcare sul serio i due cavalli di battaglia dell'ultima campagna elettorale, cioè flat tax e reddito di cittadinanza.

L'altro dato allarmante è quello sui consumi: secondo l'Istat, a gennaio 2018 calano dell'1,2% le vendite al dettaglio sia nella grande distribuzione sia nei piccoli negozi. Sono cifre in controtendenza rispetto all'ottimismo che veniva proclamato da Renzi e compagnia allegra. Casi come Embraco e Italiaonline, con circa mille lavoratori che rischiano il posto, significano che non erano solo dei gufi brutti e cattivi coloro che denunciavano una situazione del Paese diversa dalle favole propagandate dai media "indipendenti" e dai rappresentanti del centrosinistra. Nonostante la ripresa a livello mondiale, l'Italia arranca, anzi arretra, ma teniamo viva la speranza che qualcuno prenda in mano la responsabilità di assicurare agli italiani un governo funzionante e funzionale agli interessi dei cittadini.

di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia

Commenti
Non ci sono commenti a questo post