Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
18 luglio 2018

Ma gli immigrati continuano a non pagarci le pensioni

Quando i "democratici" sono in difficoltà sul tema immigrazione, usano i soliti due espedienti che li hanno sempre danneggiati in termini di consenso: insinuare che gli italiani siano razzisti e egoisti, e dichiarare in pompa magna che le pensioni vengano gentilmente pagate coi contributi degli immigrati.

Lo aveva detto il presidente dell'Inps Boeri nel 2015 per sostenere la piattaforma politico-economica dell'allora premier Renzi, e lo ha ripetuto di recente per contrastare l'azione di Salvini contro l'immigrazione clandestina incontrollata. 

Le previsioni sulla spesa — ha spiegato Boeri in una relazione — indicano che anche innalzando l'età del ritiro, ipotizzando aumenti del tasso di attività delle donne che oggi tendono ad avere tassi di partecipazione al mercato del lavoro più bassi, incrementi plausibili e non scontati della produttività, per mantenere il rapporto tra chi percepisce una pensione e chi lavora su livelli sostenibili è cruciale il numero di immigrati che lavoreranno nel nostro paese.

n uno dei passaggi più controversi afferma che gli italiani sottostimano la quota di popolazione sopra i 65 anni e sovrastimano quella di immigrati e di persone con meno di 14 anni. Non sono solo pregiudizi. Si tratta di vera e propria disinformazione. La storia ci insegna che quando si pongono forti restrizioni all'immigrazione regolare, aumenta l'immigrazione clandestina e viceversa: in genere, a fronte di una riduzione del 10% dell'immigrazione regolare, quella illegale aumenta dal 3 al 5%. Avere più immigrati regolari ci permetterebbe fin da subito di avere dei significativi flussi contributivi di ingresso nel nostro mercato del lavoro. Mentre gli scenari più preoccupanti per quanto riguarda la nostra spesa pensionistica futura sono quelli che prevedono una forte riduzione dei flussi migratori. Questa riduzione è in atto, e i flussi cominciano a non essere più sufficienti per compensare il calo della popolazione autoctona

Questa visione è già stata smentita dai dati. Ad aprile l'analisi di Bankitalia diceva che

nel decennio 2001-2011 con una popolazione straniera residente che supera i 4,5 milioni (7,7% del totale), il contributo demografico degli immigrati è considerevole (1,1%) e compensa parzialmente il dividendo demografico negativo che origina dalla popolazione italiana (-4,2%). Nell'ultimo difficile quinquennio, il contributo degli stranieri si attesta su un più modesto 0,2%.

Federico Amidei, Paolo Piselli e Matteo Gomellini, gli economisti estensori di questo studio, continuano così: L'apporto specifico dell'immigrazione sarebbe favorevole nei prossimi tre decenni, ma a partire dal 2041 anche il contributo dell'immigrazione diverrebbe negativo.

Quanto sostenuto da Boeri è quindi corretto nel breve termine, ma nel medio e nel lungo rischia persino di peggiorare la tenuta del sistema previdenziale nazionale.

È di parere contrario anche Gian Carlo Blangiardo, professore di demografia all'Università di Milano-Bicocca e ex presidente dell'Osservatorio nazionale della Famiglia: L'immigrazione ha compensato per un po' il saldo naturale negativo fra nati e morti. Oggi non lo fa più. Basterebbe invece alzare il livello delle retribuzioni e cambiare certi contratti per spingere i giovani italiani a fare quei lavori che oggi non fanno. Quelli di Boeri sono discorsi un po' propagandistici. Certo, oggi l'Inps incassa i contributi di giovani immigrati e li usa per pagare gli assegni. Ma vanno considerate due cose. Anzitutto, è vero: noi abbiamo bisogno ogni anno di un certo numero di nuovi lavoratori che versino contributi. Ma non necessariamente devono essere stranieri, potrebbero anche essere donne o giovani italiani, per citare due categorie il cui tasso di partecipazione al mercato del lavoro è basso.

Blangiardo aggiunge poi la frase di buon senso che basterebbe da sola a smontare la tesi immigrazioniste di Emma Bonino e compagnia europeista:

i contributi versati dagli immigrati sono un prestito, non un regalo. Andranno restituiti sotto forma di assegni pensionistici. Non si può mica sperare che gli immigrati si dimentichino di quanto hanno versato in Italia e se ne tornino nei Paesi d'origine senza reclamarlo. Questo significa, appunto, che in futuro l'immigrato che oggi ci paga le pensioni domani dovrà incassarla.

Chi di dati ferisce, di dati perisce: sono in tanti a chiedere le dimissioni di Boeri. Alla rabbia di Salvini si è aggiunta quella dei ministri Di Maio e Tria, che hanno subito un duro affondo sul decreto Dignità: anche in questo caso al centro del contendere c'è una relazione basata su stime dell'Inps e bollinata dalla Ragioneria di Stato. Secondo questa analisi le modifiche apportare al Jobs Act porteranno ottimisticamente alla mancata trasformazione in contratti a tempo indeterminato del 10% dei rapporti di lavoro a termine che arrivano al nuovo limite di 24 mesi. I numeri paiono però dar ragione alle tesi del presidente dell'Inps: 

Siamo ai limiti del negazionismo economico. Il provvedimento comporta un innalzamento del costo del lavoro per i contratti a tempo determinato e un aumento dei costi in caso di interruzione del rapporto di lavoro per i contratti a tempo indeterminato. In presenza di un inasprimento del costo del lavoro complessivo, l'evidenza empirica e la teoria economica prevedono unanimemente un impatto negativo sulla domanda di lavoro. In un'economia con disoccupazione elevata, questo significa riduzione dell'occupazione.

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