Marco Fontana
Circoscrizione 12
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
29 novembre 2016

Censura, l'ultimo requiem dell'Occidente

Ce lo chiede l’Europa: una frase divenuta ormai uno slogan al contrario per far accettare ai Paesi membri le peggiori richieste da parte dell’UE, la quale ne aveva già fatte vedere di tutti i colori. 

Tuttavia, con la risoluzione del Parlamento europeo che vuole contrastare la "propaganda russa" di Sputnik e Russia Today si superano i limiti del grottesco. Quello che colpisce è che la lezione impartita dalla Brexit non sia stata metabolizzata e nemmeno compresa nella sua portata sociale. Lorsignori proprio non vedono che le persone vivono la UE come un'entità autoreferenziale che ignora i loro bisogni, i loro interessi e i loro veri ideali: ciò accade per un inarrestabile processo di deperimento del dibattito politico e di decadenza dei principi storici dell'Occidente, che ha abbracciato una visione del mondo laicista e nichilista.

Già nel 2013 il Pew Center di Washington aveva pubblicato lo studio "La UE è il nuovo malato d'Europa" in cui ne analizzava la percezione da parte dei cittadini. Gli Stati campione erano Germania, Regno Unito, Francia, Italia, Spagna, Grecia, Polonia e Repubblica Ceca. Nel 2012 la Francia contava ancora su una maggioranza di favorevoli all'Unione Europea (60%), ma in un solo anno la percentuale è crollata al 41%. Anche la Spagna era scesa sotto la maggioranza (46%) con una perdita secca di 14 punti. Nei Paesi più bastonati dalla crisi come la Grecia solo un cittadino su tre credeva ancora nella UE. In Italia la fiducia era ancora superiore al 50%, ma in forte contrazione rispetto al passato, scendendo fino al 29% dopo la defenestrazione del governo Berlusconi e l'instaurazione dei governi emanazione di Troika, Bilderberg e inciuci di palazzo. In un tale contesto di malessere generale è incomprensibile come né a Bruxelles né a Strasburgo non si accorgano della deriva epocale di un ente che doveva unire e far prosperare i popoli. Oggi, invece, l'UE si regge sulla paura e sulla tensione sociale, mentre di federalismo solidale neppure l'ombra.

C'è stato un tempo in cui si usava la parola euroburocrazia per dare la colpa delle storture del sistema esclusivamente ai funzionari, ma dopo la votazione della risoluzione contro i media russi constatiamo che la colpa ricade sull'intera classe politica, la quale preferisce tapparsi occhi e orecchie e addossare i suoi problemi sul più comodo dei nemici: i russi subdoli e affamati di potere. Nello stato di incoscienza e di follia in cui permangono i politici europei, tutto è legittimo, persino costruire i teoremi più strampalati e attribuire a terzi le ragioni del proprio declino. L'atto contro Sputnik e RT pare veramente l'ultimo requiem che l'Occidente ha deciso di cantare a sé stesso.

Quando nella risoluzione approvata dall'Europarlamento leggiamo che il pluralismo dei media può, tuttavia, essere in certa misura limitato, come sancito dal diritto internazionale, ci accorgiamo che si è varcato il punto di non ritorno.

Una presa di posizione surreale che mal si concilia con la tanto sbandierata la libertà di espressione. Agli europarlamentari non interessa certo analizzare il panorama editoriale nel Vecchio Continente, altrimenti finirebbero per censurare i loro stessi organi di informazione. In Italia abbiamo testate che si vendono come indipendenti e imparziali, ma basta vedere a chi appartengono o leggere le biografie dei loro editorialisti per capire che il pluralismo dei media, nel nostro povero Paese, non è mai esistito (ovviamente il discorso non riguarda chi si ostina ad affermare che il vino è buono perché lo dice l'oste). Parlando di censura, Italo Calvino diceva che possiamo impedire di leggere: ma nel decreto che proibisce la lettura si leggerà pur qualcosa della verità che non vorremmo venisse mai letta. Ed è proprio questo che sconfiggerà l'arroganza della classe politica europea incapace di fare autocritica.

Qualche mese fa la Merkel tuonava pretendendo gli algoritmi dei social per poter fermare la diffusione dei materiali pubblicati da Sputnik e RT; ma il problema di una Merkel o di una Boldrini è che non sono gli algoritmi a centuplicare la popolarità di quei materiali, ma sono i lettori. Che sono anche elettori, visti dalla parte di chi li governa, trattati come comparse o marionette da giostrare a piacimento. Perciò è opportuno rimuovere una delle poche voci rimaste fuori dal coro.

E il bello è che la libertà di informazione in rete l'hanno sostenuta i suddetti politici per combattere le loro sante guerre, accarezzando e poi scaricando gruppi terroristici (veri). Ed oggi lo strumento gli si ritorce contro. Infine: può ergersi a giudice proprio l'UE, che ha sostenuto con uomini e mezzi conflitti giustificati da falsi dossier o da reportage con foto riciclate? Ma può la classe politica occidentale permettersi di brandire termini come propaganda e pluralismo per censurare qualcuno, quando invece non fa altro che incensare sé stessa e modificare persino le parole che i cittadini devono usare?

di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia
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