Le famiglie torinesi tirano cinghia. I consumi calano del 10%
E' stato un 2010 povero, anzi poverissimo per Torino. La media delle famiglie ha speso il 10% in meno rispetto al 2009: i consumi sono precipitati al livello del 2005 con una contrazione di addirittura un quarto dell’abbigliamento e del 20% di trasporti, istruzione, comunicazioni. A comunicarlo l’Osservatorio della Camera di Commercio con Ascom e Confesercenti.
Un'analisi che evidenzia come la crisi ha effetti pratici, ma anche psicologici. La ricerca ha lanciato quesiti ad un numero elevato di famiglie campione: nel 2010 il 36% afferma di aver subito una diminuzione del reddito e della capacità di spesa, per il 62% il reddito è rimasto stabile, ma è un po’ calata la spesa. Solo il 2% sostiene di aver avuto un aumento di reddito, complessivamente quasi otto famiglie su dieci hanno potuto spendere meno. Stanno peggio gli anziani e le famiglie numerose, meglio i nuclei che hanno più redditi. E poi conta la condizione sociale: un imprenditore può spendere per beni che non siano il cibo il 56 per cento in più della media, per contro un operaio spende il 22% in meno. Meno drammatica la differenza per quanto riguarda il cibo, consumo fondamentale: in questo caso nel 2011 l’operaio può spendere il 3% in più rispetto alla media, l’imprenditorie il 116%.
In calo anche le uscite per svago: i torinesi hanno rinunciato a cinema, concerti e teatro. E la percentuale di coloro che si permettono di uscire a cena una volta a settimana è scesa dal 65% del 2008 al 40% del 2010. Quest'anno i cittadini del capoluogo torinese hanno anche scoperto il risparmio energetico, cercando di fare economia sull'utilizzo della luce, acqua, benzina e gas (lo dichiara il 65% dei capifamiglia).
Insomma le famiglie torinesi hanno tirato cinghia nel 2010 e se i dati provvisori del primo semestre 2011 offrivano qualche timido segnale di ripresa sarà da valutare l'impatto della manovra finanziaria e di quel rialzo dell'1% dell'Iva che seppure minimo presso per ogni singolo prodotto, alla lunga e sommandosi potrebbe causare secondo gli economisti una maggiore spesa per le famiglie di circa 600 euro all'anno con una pesante perdita del potere d'acquisto.
di Marco Fontana