La fine del mondo secondo Gramellini, la più bella lettera a Babbo Natale
È  il 21 dicembre e il mondo finirà fra un anno: minuto più, minuto meno.  Considerato l’anno che ci aspetta, potrebbe essere persino un sollievo.  Io la scena la immagino così: un ultrasuono che perfora soltanto gli  orecchi dei pigri e dei vigliacchi, i quali per la disperazione corrono a  sfracellarsi contro un muro invisibile, osservati con vivo stupore dal  resto dell’umanità. Mi resta dunque un anno a disposizione per smettere  di essere pigro e vigliacco. Per foderarmi gli orecchi con la cera della  passione. Cosa si può fare in un anno che non si è fatto mai? Mi  vengono in mente solo fantasie musicali. Ballare un tango con i delfini,  addormentarsi sopra un organo a canne suonato dal mare (esiste, è in  Croazia), ascoltare a palla in un deserto la canzone più straziante  della storia, che per un punkettaro impunito come me rimane «My way»  nella versione di Sid Vicious.
Però si possono fare cose altrettanto sfiziose a chilometro zero. Per  esempio afferrare il tempo, governarne la fluidità e plasmarla ai nostri  scopi. Smettere di lamentarsi, di fare le vittime, di aspettarsi dagli  altri la soluzione dei nostri problemi. Diventare adulti. Profondi ma  leggeri. Voler bene alle persone a cui si è scelto di voler bene.  Leggere Charles Dickens o chi volete voi, purché oltre alla tecnica  abbia un’anima, oltre al cinismo un sogno. E le vere profezie dei Maya,  per scoprire che il 21 dicembre 2012 non finirà un bel niente, semmai  comincerà qualcosa. Qualcosa che sarebbe meglio far cominciare già  adesso, anche dentro di noi.
di Massimo Gramellini - (Buongiorno - La Stampa)


	

