Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
05 febbraio 2012

Inchiesta - Intervista a Elide Tisi: "Non ci devono più essere zone franche"

Come tutte le grandi città metropolitane anche Torino soffre il problema dei campi rom.  Il modello di accoglienza che dall’inizio degli anni ’90 ad oggi le amministrazioni di centrosinistra hanno messo in piedi ha vissuto intermittenti momenti di luci ed ombre: da esperienza esportata in altre città, grazie all’approccio estremamente tollerante e solidale, a sistema bollato da più parti come incontrollato, inefficiente e ghettizzante. Certamente la delega ai campi nomadi resta una patata bollente per chiunque, destra o sinistra che sia, le esperienze di Milano e Roma lo insegnano . Con l’arrivo della Giunta Fassino è spettato ad Elide Tisi scottarsi le mani: già presidente regionale e vicepresidente nazionale di Federsolidarietà Confcooperative e consigliera dell’Ufficio Pio della Compagnia San Paolo, ha rivestito vicesindaco del Comune di Grugliasco.

Negli ultimi anni sono state mosse da più parti pesanti critiche sul modello con il quale il Comune di Torino gestisce i campi rom. Qual è il suo parere? Ci sarà un cambio di rotta rispetto al passato?

Questi primi mesi di amministrazione mi hanno convinto di una cosa: la questione rom non può essere affrontata esclusivamente dal punto di vista sociale. Questa sicuramente è  una priorità visto il numero di donne e bambini che affollano i campi; ma non sono da sottovalutare i risvolti di ordine pubblico. Non possiamo permetterci più i tabù del passato: il principio di legalità va preteso anche all’interno di queste aree, le quali non possono essere più considerate da quei pochi, ma comunque presenti, rom che delinquono delle zone franche.

Non più delle zone franche, però l’arcivescovo Mon. Nosiglia ha bacchettato il Comune di Torino affermando “Nessun miglioramento nell’ultimo anno”…

Qui arrivano le dolenti note: mancano i fondi. Il nostro capitolo di spesa è pari a zero. La Regione Piemonte ha chiuso i rubinetti non rifinanziando da giugno del 2011 la legge 26/93. Il Consiglio di Stato, con una sentenza quantomeno dirompente dal punto di vista degli effetti amministrativi, ha optato per considerare illegittimo lo ‘stato d’emergenza’ decretato dal passato Governo Berlusconi: in questo modo, oltre a creare un caos dal punto di vista dei regolamenti applicabili nei singoli campi rom, ha anche congelato i 5milioni di euro che avremmo potuto utilizzare per adottare nuove politiche in questa materia spinosa. Proprio questa settimana il sindaco Piero Fassino è andato a Roma per chiedere un intervento al Governo Monti; e io sono costantemente in contatto con il Prefetto per mettere a punto strategie al fine di non disperdere i progetti che avevamo in mente in questa materia.

A settembre avevate proposto al Prefetto di lasciare ad associazioni e cooperative la progettazione e gestione dei campi nomadi: il costo si aggirava sui 700mila euro. Era questa la vostra soluzione ai problemi? Siete stati criticati anche da associazioni di romeni che avrebbero preferito forme di autogestione.

La collaborazione con associazioni non profit nel campo sociale è essenziale: sono certa che quel progetto avrebbe funzionato. Puntava però sui soldi del Governo che sono stati congelati dal Consiglio di Stato e quindi è tutto fermo. Sull’autogestione non sono contraria a prescindere: all’interno di molti campi esistono già mediatori culturali di origine romena. Un conto però è autogestione delle attività, un conto è l’autogestione delle risorse o dell’ordine pubblico.

Da Roma è arrivata l’idea di ‘regalare’ case popolari ai Rom. Una forma di razzismo alla rovescia?

Sono assolutamente contraria. I rom che ne hanno diritto concorrono come qualsiasi altro cittadino: non possono esistere scorciatoie. Non devono esistere forme discriminatorie né per i rom né per gli italiani.

L’assalto al campo rom della Continassa ha dimostrato che i cittadini stanno perdendo la pazienza e la tolleranza.

È stato un episodio grave e non giustificabile. Fatti come questo mi convincono ancora di più come sia indispensabile finanziare progetti di inclusione sociale, di recupero scolastico dei ragazzi che vivono nei campi e di ripensamento delle infrastrutture ivi presenti per garantire civili standard d’igiene.  Al riguardo continuiamo il dialogo con le Fondazioni bancarie, sperando di reperire nuove risorse.

di Marco Fontana (IL GIORNALE DEL PIEMONTE)

 

 

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