Inchiesta - La solidarietà torinese vista attraverso gli occhi di un rom
È noto come il modello di accoglienza e solidarietà ai rom costruito in questi anni dalle amministrazioni cittadine torinesi non colga il favore delle forze politiche di destra. Che tale bocciatura sia figlia di convinzioni ideologiche o di preconcetti poco importa visto che lo stesso modello è messo sotto stato d’accusa in modo bipartisan anche da larga parte dei cittadini del capoluogo sabaudo e da numerosi operatori del settore. Tra questi ultimi spicca Stojanovic Vojislav, mediatore culturale proprio per il mondo rom a Torino e già consulente per il gruppo consiliare regionale piemontese di Rifondazione Comunista. Lui, i campi rom li ha vissuti in prima persona nel lontano 1987 per alcuni mesi e li frequenta tuttora come consulente per il Comune di Torino. Di origine serba, fuggiva dal proprio Paese perché appartenente ad un movimento studentesco contrario all’allora regime, a rischio persecuzione partì alla volta dell’Italia per costruirsi una nuova vita. L’Ufficio Stranieri e Nomadi di allora gli consigliò un’area di sosta per rom, quella di via Germagnano.
Stojanovic, aveva appena conseguito l’equivalente di una laurea breve in ingegneria; ma di punto in bianco si trova catapultato insieme con la sua famiglia in una realtà “strana”, così come la definisce lui. Un minuscolo e promiscuo monolocale che ospitava tre persone, assenza di regole, poca pulizia, ghettizzazione sono stati i primi lati negativi che ha incontrato sulla sua strada. Ad essi si sono presto aggiunti il senso di ignoranza e pregiudizio che pervadeva l’opinione pubblica italiana.
La gran parte dei rom presenti in quel campo, circa duecento, secondo la ricostruzione di Stojanovic non era nomade ma da anni viveva in quei terreni adibiti dal Comune, avendo da tempo abbandonato il nomadismo. Erano le fasce più deboli e meno istruite di popolazione che fuggivano dalla povertà dei loro Paesi o da persecuzioni politiche, la scelta ricadeva sull’Italia perché la legislazione era favorevole e in apparenza alto il livello della solidarietà. La realtà però non era quella che appariva secondo Stojanovic Vojislav: nessuno voleva dare un lavoro ai rom. E le condizioni nelle quali la politica ha fatto vivere i rom non erano civili ieri come non lo sono oggi.
“L’amministrazione – afferma il mediatore culturale – ha preferito nascondere i problemi, ghettizzando i soggetti scomodi, invece di integrarli. Come si può parlare di integrazione quando i bambini rom nati in Italia non avendo un documento di identificazione non possono andare a scuola? Solo attraverso il lavoro si può fare veramente integrazione. Io sono stato fortunato perché, pur non vedendo riconosciuto il mio titolo di studio, mi è stata data la possibilità di lavorare per i miei cittadini come mediatori. Ma quanti giovani rom, nati qui in Italia, avranno la mia stessa possibilità? Il Comune spreca soldi nella manutenzione di aree di sosta totalmente fuori controllo, invece di spendere tutte le sue risorse di tempo e denaro per integrare totalmente i nostri giovani e per abbattere la tanta ignoranza verso il nostro popolo. È l’emarginazione dei ragazzi dei campi nomadi a dover essere debellata, perché senza questo passaggio non si costruisce alcuna forma di ordine pubblico”.
di Marco Fontana