Il Popolo della Libertà rinnova i vertici di partito nel silenzio de "La Stampa"
Poco più di un mese fa aveva parlato dell'insostenibile leggerezza dell'essere stampa di regime che aveva caratterizzato "La Stampa" nel trattare il caso del nuovo incidente nella scuola Darwin.
In questi giorni ho aspettato con trepidazione che il quotidiano torinese contraddicesse la mia opinione. Speravo che mi stupisse in un singulto di vero giornalismo, in una sorta di rivincità dell'etica della seconda professione più antica del mondo. E pensare che la scusa c'era: il Popolo della Libertà, il partito di plastica privo di democraticità interna secondo i detrattori, andava finalmente a Congresso a Torino e provincia per rinnovare i vertici del suo partito. E invece nulla; in queste settimane "La Stampa" ha deciso di dedicare pochi e stitici trafiletti alle assise del centrodestra. Articoli da cercare con la lente d'ingrandimento e con il fiuto del topo da biblioteca. Nessuno lenzuolata come quando ad andare al voto è stato il Partito Democratico; il Pdl si è dovuto accontentare semmai di qualche kleenex usa e getta offerto quasi per sbaglio dai 'magnanimi' pennivendoli del quotidiano di Calabresi.
Il drammatico è che il partito pare non accorgersene, glissando sull'argomento. I candidati si arrovellano l'anima per riuscire a primeggiare sul fronte opposto senza accorgersi che l'indomani, chiunque abbia la meglio, si troverà ad essere completamente oscurato dal principale quotidiano locale. Risultando quindi cancellato dalla storia della città per cui si spera si siano candidati. Una situazione tragica. Posta in essere dal più moderno dei regimi: quello della messa in silenzio democratica da parte dei media di sinistra. Il nemico non si abbatte sui contenuti, ma privandolo del diritto di contradditorio. Ma perchè gli organizzatori non hanno pensato di organizzarlo in via Marenco, sotto la sede de "La Stampa"? Magari qualche giornalista si sarebbe degnato di scriverci su un articolo degno di nota...
E in questo gioco perverso alla fine è complice lo stesso Popolo della Libertà, il quale invece di indignarsi unitariamente (al di là delle correnti e degli spifferi), contro l'intollerabile leggerezza dell'essere stampa di regime: si accontenta di accapigliarsi tra le quattro mura di un congresso al Lingotto. Un congresso che invece di essere a porte aperte, grazie ai media, risulta essere ad antine 'semi chiuse' per la mancanza di un megafono di risonanza verso la massa dei cittadini torinesi.
di Marco Fontana