Perchè precarizzare la politica?
Se entrare nel merito aiuta a neutralizzare le urla, facciamolo. Ciò che  meno condivido e meno capisco, nella cultura politica delle Cinque  Stelle, è il terrore quasi superstizioso della politica come mestiere.  Il mito del cittadino che si fa carico in proprio della cosa pubblica,  cioè si autoelegge e poi si autodistrugge (massimo due mandati!) per non  correre il rischio di divenire egli stesso parte della "casta", è  suggestivo e perfino attraente, perché ravviva antichi sogni di  democrazia diretta e di autogoverno. Ma ha un limite grave, e in questa  fase storica gravissimo: ostacola la formazione di una nuova, vera  classe dirigente, che non può nascere al di fuori di un percorso  solidamente e direi duramente professionale (equo stipendio compreso).  Che i meccanismi di selezione e ricambio della politica italiana siano  decisamente inceppati è verissimo, e un Parlamento di nominati ne è la  dimostrazione lampante. Ma una società già di suo precarizzata, che sta  distruggendo i mestieri e le competenze, perché mai dovrebbe darsi una  classe politica ugualmente precaria? Infine: ridurre i tempi di  permanenza al potere riduce anche il rischio di disonestà? Il ladro, in  così poco tempo, avrà solo più fretta di rubare. L´onesto, per un anno o  per venti, servirà i suoi elettori con lo stesso rigore.
di Michele Serra - Repubblica - (rubrica: L'amaca)


	

