L'economista anti-Piketty: «Solo la borghesia ci salverà»
«Il fallimento delle rivoluzioni liberali del 1848 - sostiene in questa intervista - ha provocato nei ceti intellettuali di Italia, Germania, Francia, Spagna una reazione contro le classi medie che è arrivata fino a oggi». Un'opposizione che ha preso la forma del conservatorismo, del materialismo storico, del marxismo, del fascismo, dello statalismo: del rifiuto della carica innovativa e liberale della borghesia. «Ancora oggi c'è la tendenza a creare nuove aristocrazie», dice.
Il punto fondante dell'elaborazione della signora McCloskey sta nel ritenere le idee il motore dello sviluppo di quello che - termine che non apprezza - è chiamato capitalismo. «Il nostro benessere - sostiene - viene dalle idee. Nel 1800, il reddito giornaliero di un italiano era di tre dollari; oggi, a parità di valori, è di ottanta. In più, ci sono gli avanzamenti della medicina, dei trasporti, della tecnologia. Una completa trasformazione. Ma non è il risultato della lotta di classe, come sostiene la sinistra, o degli investimenti, come sostengono i conservatori. È il risultato delle idee che hanno prodotto innovazioni come l'elettricità, la radio, i sistemi idraulici». E, passaggio chiave, queste idee sono nate e hanno trovato gambe «dalla liberazione delle persone, dal liberalismo di Adam Smith e dalla caduta delle gerarchie che ponevano al centro l'aristocrazia». Sono le persone comuni e le idee lasciate libere di correre che creano la base del capitalismo.
La professoressa individua la nascita di questo spirito nell'Olanda della guerra contro la Spagna dal 1568 al 1648 e poi nella guerra civile inglese dal 1642 al 1651. «Tutto avvenne per un accidente della storia, grazie alla Riforma: ma non in senso weberiano, nel senso invece che il movimento protestante dette al popolo la governance, la possibilità di scegliere i propri pastori e quindi di liberarsi dalle gerarchie della Chiesa. I Paesi Bassi furono pionieri dell'attività borghese. Poi, gli inglesi presero tutto dagli olandesi: importarono il re, aprirono anch'essi una Borsa, crearono una banca centrale. Diventarono la New Holland. Lo spirito si estese poi all'America e immagino che, se non fosse successo, le forze della reazione avrebbero vinto. Mi spingo a dire che, senza i Paesi Bassi e l'Inghilterra, la Francia non avrebbe mai avuto una rivoluzione industriale, perché tutto era centralizzato, sottoposto ad autorizzazioni. Anche Italia e Germania non vissero i cambiamenti». Dopo le rivoluzioni liberali fallite del 1848, «si comincia a scrivere che il capitalismo è brutto, l'intellighenzia si schiera contro la borghesia, contro Voltaire e Thomas Paine e il libero mercato. Il Romanticismo, che dura ancora oggi, è servito ai conservatori per idealizzare il passato e alla sinistra per idealizzare la città futura: il nazionalismo, il razzismo, il marxismo, il socialismo, l'eugenetica vanno a dominare il pensiero. Nel XVIII secolo si scopre che, se liberi la gente, se lasci fare le persone e onori i loro risultati, il limite è il cielo. Nel XIX secolo si dice invece che quel che conta è la scienza, non le idee. È un conflitto: quando, nei Promessi sposi, Manzoni parla del rapporto tra controllo dei prezzi e carestia, è un liberale, scrive pagine da Adam Smith; ma, vent'anni dopo, Flaubert odia la borghesia».
L'incarnazione odierna di questi spiriti illiberali è nella tendenza a regolare tutto, a un paternalismo di Stato. Fino al 1995, Deirdre McCloskey era un uomo, Donald, poi ha cambiato sesso. Oggi scherza e dice di sentirsi, in opposizione al paternalismo di Stato, «una libertaria materna, e non avrebbe funzionato se fossi rimasta un ragazzo». Risultato: combatte battaglie attualissime. Di recente, è stata definita la più efficace economista anti-Piketty: ritiene che le teorie sulla diseguaglianza insita nel capitalismo, sostenute dall'economista francese Thomas Piketty, non stiano in piedi. «L'uguaglianza come questione etica dice è una sciocchezza. Etico è ridurre la povertà. Il gap tra poveri e ricchi non conta. Stabilire regole per diminuire le differenze non aiuta: il go per cento della riduzione della povertà deriva dalla crescita economica. E il dato di fatto è che, grazie alla libertà delle idee, alle innovazioni, alla middle class oggi siamo enormemente più ricchi. Anche nello spirito». - See more at: http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=15377#sthash.7k4WKYFC.dpuf
«Il fallimento delle rivoluzioni liberali del 1848 - sostiene in questa intervista - ha provocato nei ceti intellettuali di Italia, Germania, Francia, Spagna una reazione contro le classi medie che è arrivata fino a oggi». Un'opposizione che ha preso la forma del conservatorismo, del materialismo storico, del marxismo, del fascismo, dello statalismo: del rifiuto della carica innovativa e liberale della borghesia. «Ancora oggi c'è la tendenza a creare nuove aristocrazie», dice.
Il punto fondante dell'elaborazione della signora McCloskey sta nel ritenere le idee il motore dello sviluppo di quello che - termine che non apprezza - è chiamato capitalismo. «Il nostro benessere - sostiene - viene dalle idee. Nel 1800, il reddito giornaliero di un italiano era di tre dollari; oggi, a parità di valori, è di ottanta. In più, ci sono gli avanzamenti della medicina, dei trasporti, della tecnologia. Una completa trasformazione. Ma non è il risultato della lotta di classe, come sostiene la sinistra, o degli investimenti, come sostengono i conservatori. È il risultato delle idee che hanno prodotto innovazioni come l'elettricità, la radio, i sistemi idraulici». E, passaggio chiave, queste idee sono nate e hanno trovato gambe «dalla liberazione delle persone, dal liberalismo di Adam Smith e dalla caduta delle gerarchie che ponevano al centro l'aristocrazia». Sono le persone comuni e le idee lasciate libere di correre che creano la base del capitalismo.
La professoressa individua la nascita di questo spirito nell'Olanda della guerra contro la Spagna dal 1568 al 1648 e poi nella guerra civile inglese dal 1642 al 1651. «Tutto avvenne per un accidente della storia, grazie alla Riforma: ma non in senso weberiano, nel senso invece che il movimento protestante dette al popolo la governance, la possibilità di scegliere i propri pastori e quindi di liberarsi dalle gerarchie della Chiesa. I Paesi Bassi furono pionieri dell'attività borghese. Poi, gli inglesi presero tutto dagli olandesi: importarono il re, aprirono anch'essi una Borsa, crearono una banca centrale. Diventarono la New Holland. Lo spirito si estese poi all'America e immagino che, se non fosse successo, le forze della reazione avrebbero vinto. Mi spingo a dire che, senza i Paesi Bassi e l'Inghilterra, la Francia non avrebbe mai avuto una rivoluzione industriale, perché tutto era centralizzato, sottoposto ad autorizzazioni. Anche Italia e Germania non vissero i cambiamenti». Dopo le rivoluzioni liberali fallite del 1848, «si comincia a scrivere che il capitalismo è brutto, l'intellighenzia si schiera contro la borghesia, contro Voltaire e Thomas Paine e il libero mercato. Il Romanticismo, che dura ancora oggi, è servito ai conservatori per idealizzare il passato e alla sinistra per idealizzare la città futura: il nazionalismo, il razzismo, il marxismo, il socialismo, l'eugenetica vanno a dominare il pensiero. Nel XVIII secolo si scopre che, se liberi la gente, se lasci fare le persone e onori i loro risultati, il limite è il cielo. Nel XIX secolo si dice invece che quel che conta è la scienza, non le idee. È un conflitto: quando, nei Promessi sposi, Manzoni parla del rapporto tra controllo dei prezzi e carestia, è un liberale, scrive pagine da Adam Smith; ma, vent'anni dopo, Flaubert odia la borghesia».
L'incarnazione odierna di questi spiriti illiberali è nella tendenza a regolare tutto, a un paternalismo di Stato. Fino al 1995, Deirdre McCloskey era un uomo, Donald, poi ha cambiato sesso. Oggi scherza e dice di sentirsi, in opposizione al paternalismo di Stato, «una libertaria materna, e non avrebbe funzionato se fossi rimasta un ragazzo». Risultato: combatte battaglie attualissime. Di recente, è stata definita la più efficace economista anti-Piketty: ritiene che le teorie sulla diseguaglianza insita nel capitalismo, sostenute dall'economista francese Thomas Piketty, non stiano in piedi. «L'uguaglianza come questione etica dice è una sciocchezza. Etico è ridurre la povertà. Il gap tra poveri e ricchi non conta. Stabilire regole per diminuire le differenze non aiuta: il go per cento della riduzione della povertà deriva dalla crescita economica. E il dato di fatto è che, grazie alla libertà delle idee, alle innovazioni, alla middle class oggi siamo enormemente più ricchi. Anche nello spirito». - See more at: http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=15377#sthash.7k4WKYFC.dpuf
«Il fallimento delle rivoluzioni liberali del 1848 - sostiene in questa intervista - ha provocato nei ceti intellettuali di Italia, Germania, Francia, Spagna una reazione contro le classi medie che è arrivata fino a oggi». Un'opposizione che ha preso la forma del conservatorismo, del materialismo storico, del marxismo, del fascismo, dello statalismo: del rifiuto della carica innovativa e liberale della borghesia. «Ancora oggi c'è la tendenza a creare nuove aristocrazie», dice.
Il punto fondante dell'elaborazione della signora McCloskey sta nel ritenere le idee il motore dello sviluppo di quello che - termine che non apprezza - è chiamato capitalismo. «Il nostro benessere - sostiene - viene dalle idee. Nel 1800, il reddito giornaliero di un italiano era di tre dollari; oggi, a parità di valori, è di ottanta. In più, ci sono gli avanzamenti della medicina, dei trasporti, della tecnologia. Una completa trasformazione. Ma non è il risultato della lotta di classe, come sostiene la sinistra, o degli investimenti, come sostengono i conservatori. È il risultato delle idee che hanno prodotto innovazioni come l'elettricità, la radio, i sistemi idraulici». E, passaggio chiave, queste idee sono nate e hanno trovato gambe «dalla liberazione delle persone, dal liberalismo di Adam Smith e dalla caduta delle gerarchie che ponevano al centro l'aristocrazia». Sono le persone comuni e le idee lasciate libere di correre che creano la base del capitalismo.
La professoressa individua la nascita di questo spirito nell'Olanda della guerra contro la Spagna dal 1568 al 1648 e poi nella guerra civile inglese dal 1642 al 1651. «Tutto avvenne per un accidente della storia, grazie alla Riforma: ma non in senso weberiano, nel senso invece che il movimento protestante dette al popolo la governance, la possibilità di scegliere i propri pastori e quindi di liberarsi dalle gerarchie della Chiesa. I Paesi Bassi furono pionieri dell'attività borghese. Poi, gli inglesi presero tutto dagli olandesi: importarono il re, aprirono anch'essi una Borsa, crearono una banca centrale. Diventarono la New Holland. Lo spirito si estese poi all'America e immagino che, se non fosse successo, le forze della reazione avrebbero vinto. Mi spingo a dire che, senza i Paesi Bassi e l'Inghilterra, la Francia non avrebbe mai avuto una rivoluzione industriale, perché tutto era centralizzato, sottoposto ad autorizzazioni. Anche Italia e Germania non vissero i cambiamenti». Dopo le rivoluzioni liberali fallite del 1848, «si comincia a scrivere che il capitalismo è brutto, l'intellighenzia si schiera contro la borghesia, contro Voltaire e Thomas Paine e il libero mercato. Il Romanticismo, che dura ancora oggi, è servito ai conservatori per idealizzare il passato e alla sinistra per idealizzare la città futura: il nazionalismo, il razzismo, il marxismo, il socialismo, l'eugenetica vanno a dominare il pensiero. Nel XVIII secolo si scopre che, se liberi la gente, se lasci fare le persone e onori i loro risultati, il limite è il cielo. Nel XIX secolo si dice invece che quel che conta è la scienza, non le idee. È un conflitto: quando, nei Promessi sposi, Manzoni parla del rapporto tra controllo dei prezzi e carestia, è un liberale, scrive pagine da Adam Smith; ma, vent'anni dopo, Flaubert odia la borghesia».
L'incarnazione odierna di questi spiriti illiberali è nella tendenza a regolare tutto, a un paternalismo di Stato. Fino al 1995, Deirdre McCloskey era un uomo, Donald, poi ha cambiato sesso. Oggi scherza e dice di sentirsi, in opposizione al paternalismo di Stato, «una libertaria materna, e non avrebbe funzionato se fossi rimasta un ragazzo». Risultato: combatte battaglie attualissime. Di recente, è stata definita la più efficace economista anti-Piketty: ritiene che le teorie sulla diseguaglianza insita nel capitalismo, sostenute dall'economista francese Thomas Piketty, non stiano in piedi. «L'uguaglianza come questione etica dice è una sciocchezza. Etico è ridurre la povertà. Il gap tra poveri e ricchi non conta. Stabilire regole per diminuire le differenze non aiuta: il go per cento della riduzione della povertà deriva dalla crescita economica. E il dato di fatto è che, grazie alla libertà delle idee, alle innovazioni, alla middle class oggi siamo enormemente più ricchi. Anche nello spirito». - See more at: http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=15377#sthash.7k4WKYFC.dpuf
«Il fallimento delle rivoluzioni liberali del 1848 - sostiene in questa intervista - ha provocato nei ceti intellettuali di Italia, Germania, Francia, Spagna una reazione contro le classi medie che è arrivata fino a oggi». Un'opposizione che ha preso la forma del conservatorismo, del materialismo storico, del marxismo, del fascismo, dello statalismo: del rifiuto della carica innovativa e liberale della borghesia. «Ancora oggi c'è la tendenza a creare nuove aristocrazie», dice.
Il punto fondante dell'elaborazione della signora McCloskey sta nel ritenere le idee il motore dello sviluppo di quello che - termine che non apprezza - è chiamato capitalismo. «Il nostro benessere - sostiene - viene dalle idee. Nel 1800, il reddito giornaliero di un italiano era di tre dollari; oggi, a parità di valori, è di ottanta. In più, ci sono gli avanzamenti della medicina, dei trasporti, della tecnologia. Una completa trasformazione. Ma non è il risultato della lotta di classe, come sostiene la sinistra, o degli investimenti, come sostengono i conservatori. È il risultato delle idee che hanno prodotto innovazioni come l'elettricità, la radio, i sistemi idraulici». E, passaggio chiave, queste idee sono nate e hanno trovato gambe «dalla liberazione delle persone, dal liberalismo di Adam Smith e dalla caduta delle gerarchie che ponevano al centro l'aristocrazia». Sono le persone comuni e le idee lasciate libere di correre che creano la base del capitalismo.
La professoressa individua la nascita di questo spirito nell'Olanda della guerra contro la Spagna dal 1568 al 1648 e poi nella guerra civile inglese dal 1642 al 1651. «Tutto avvenne per un accidente della storia, grazie alla Riforma: ma non in senso weberiano, nel senso invece che il movimento protestante dette al popolo la governance, la possibilità di scegliere i propri pastori e quindi di liberarsi dalle gerarchie della Chiesa. I Paesi Bassi furono pionieri dell'attività borghese. Poi, gli inglesi presero tutto dagli olandesi: importarono il re, aprirono anch'essi una Borsa, crearono una banca centrale. Diventarono la New Holland. Lo spirito si estese poi all'America e immagino che, se non fosse successo, le forze della reazione avrebbero vinto. Mi spingo a dire che, senza i Paesi Bassi e l'Inghilterra, la Francia non avrebbe mai avuto una rivoluzione industriale, perché tutto era centralizzato, sottoposto ad autorizzazioni. Anche Italia e Germania non vissero i cambiamenti». Dopo le rivoluzioni liberali fallite del 1848, «si comincia a scrivere che il capitalismo è brutto, l'intellighenzia si schiera contro la borghesia, contro Voltaire e Thomas Paine e il libero mercato. Il Romanticismo, che dura ancora oggi, è servito ai conservatori per idealizzare il passato e alla sinistra per idealizzare la città futura: il nazionalismo, il razzismo, il marxismo, il socialismo, l'eugenetica vanno a dominare il pensiero. Nel XVIII secolo si scopre che, se liberi la gente, se lasci fare le persone e onori i loro risultati, il limite è il cielo. Nel XIX secolo si dice invece che quel che conta è la scienza, non le idee. È un conflitto: quando, nei Promessi sposi, Manzoni parla del rapporto tra controllo dei prezzi e carestia, è un liberale, scrive pagine da Adam Smith; ma, vent'anni dopo, Flaubert odia la borghesia».
L'incarnazione odierna di questi spiriti illiberali è nella tendenza a regolare tutto, a un paternalismo di Stato. Fino al 1995, Deirdre McCloskey era un uomo, Donald, poi ha cambiato sesso. Oggi scherza e dice di sentirsi, in opposizione al paternalismo di Stato, «una libertaria materna, e non avrebbe funzionato se fossi rimasta un ragazzo». Risultato: combatte battaglie attualissime. Di recente, è stata definita la più efficace economista anti-Piketty: ritiene che le teorie sulla diseguaglianza insita nel capitalismo, sostenute dall'economista francese Thomas Piketty, non stiano in piedi. «L'uguaglianza come questione etica dice è una sciocchezza. Etico è ridurre la povertà. Il gap tra poveri e ricchi non conta. Stabilire regole per diminuire le differenze non aiuta: il go per cento della riduzione della povertà deriva dalla crescita economica. E il dato di fatto è che, grazie alla libertà delle idee, alle innovazioni, alla middle class oggi siamo enormemente più ricchi. Anche nello spirito». - See more at: http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=15377#sthash.7k4WKYFC.dpuf
«Il fallimento delle rivoluzioni liberali del 1848 - sostiene in questa intervista - ha provocato nei ceti intellettuali di Italia, Germania, Francia, Spagna una reazione contro le classi medie che è arrivata fino a oggi». Un'opposizione che ha preso la forma del conservatorismo, del materialismo storico, del marxismo, del fascismo, dello statalismo: del rifiuto della carica innovativa e liberale della borghesia. «Ancora oggi c'è la tendenza a creare nuove aristocrazie», dice.
Il punto fondante dell'elaborazione della signora McCloskey sta nel ritenere le idee il motore dello sviluppo di quello che - termine che non apprezza - è chiamato capitalismo. «Il nostro benessere - sostiene - viene dalle idee. Nel 1800, il reddito giornaliero di un italiano era di tre dollari; oggi, a parità di valori, è di ottanta. In più, ci sono gli avanzamenti della medicina, dei trasporti, della tecnologia. Una completa trasformazione. Ma non è il risultato della lotta di classe, come sostiene la sinistra, o degli investimenti, come sostengono i conservatori. È il risultato delle idee che hanno prodotto innovazioni come l'elettricità, la radio, i sistemi idraulici». E, passaggio chiave, queste idee sono nate e hanno trovato gambe «dalla liberazione delle persone, dal liberalismo di Adam Smith e dalla caduta delle gerarchie che ponevano al centro l'aristocrazia». Sono le persone comuni e le idee lasciate libere di correre che creano la base del capitalismo.
La professoressa individua la nascita di questo spirito nell'Olanda della guerra contro la Spagna dal 1568 al 1648 e poi nella guerra civile inglese dal 1642 al 1651. «Tutto avvenne per un accidente della storia, grazie alla Riforma: ma non in senso weberiano, nel senso invece che il movimento protestante dette al popolo la governance, la possibilità di scegliere i propri pastori e quindi di liberarsi dalle gerarchie della Chiesa. I Paesi Bassi furono pionieri dell'attività borghese. Poi, gli inglesi presero tutto dagli olandesi: importarono il re, aprirono anch'essi una Borsa, crearono una banca centrale. Diventarono la New Holland. Lo spirito si estese poi all'America e immagino che, se non fosse successo, le forze della reazione avrebbero vinto. Mi spingo a dire che, senza i Paesi Bassi e l'Inghilterra, la Francia non avrebbe mai avuto una rivoluzione industriale, perché tutto era centralizzato, sottoposto ad autorizzazioni. Anche Italia e Germania non vissero i cambiamenti». Dopo le rivoluzioni liberali fallite del 1848, «si comincia a scrivere che il capitalismo è brutto, l'intellighenzia si schiera contro la borghesia, contro Voltaire e Thomas Paine e il libero mercato. Il Romanticismo, che dura ancora oggi, è servito ai conservatori per idealizzare il passato e alla sinistra per idealizzare la città futura: il nazionalismo, il razzismo, il marxismo, il socialismo, l'eugenetica vanno a dominare il pensiero. Nel XVIII secolo si scopre che, se liberi la gente, se lasci fare le persone e onori i loro risultati, il limite è il cielo. Nel XIX secolo si dice invece che quel che conta è la scienza, non le idee. È un conflitto: quando, nei Promessi sposi, Manzoni parla del rapporto tra controllo dei prezzi e carestia, è un liberale, scrive pagine da Adam Smith; ma, vent'anni dopo, Flaubert odia la borghesia».
L'incarnazione odierna di questi spiriti illiberali è nella tendenza a regolare tutto, a un paternalismo di Stato. Fino al 1995, Deirdre McCloskey era un uomo, Donald, poi ha cambiato sesso. Oggi scherza e dice di sentirsi, in opposizione al paternalismo di Stato, «una libertaria materna, e non avrebbe funzionato se fossi rimasta un ragazzo». Risultato: combatte battaglie attualissime. Di recente, è stata definita la più efficace economista anti-Piketty: ritiene che le teorie sulla diseguaglianza insita nel capitalismo, sostenute dall'economista francese Thomas Piketty, non stiano in piedi. «L'uguaglianza come questione etica dice è una sciocchezza. Etico è ridurre la povertà. Il gap tra poveri e ricchi non conta. Stabilire regole per diminuire le differenze non aiuta: il go per cento della riduzione della povertà deriva dalla crescita economica. E il dato di fatto è che, grazie alla libertà delle idee, alle innovazioni, alla middle class oggi siamo enormemente più ricchi. Anche nello spirito». - See more at: http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=15377#sthash.7k4WKYFC.dpuf
«Il fallimento delle rivoluzioni liberali del 1848 - sostiene in questa intervista - ha provocato nei ceti intellettuali di Italia, Germania, Francia, Spagna una reazione contro le classi medie che è arrivata fino a oggi». Un'opposizione che ha preso la forma del conservatorismo, del materialismo storico, del marxismo, del fascismo, dello statalismo: del rifiuto della carica innovativa e liberale della borghesia. «Ancora oggi c'è la tendenza a creare nuove aristocrazie», dice.
Il punto fondante dell'elaborazione della signora McCloskey sta nel ritenere le idee il motore dello sviluppo di quello che - termine che non apprezza - è chiamato capitalismo. «Il nostro benessere - sostiene - viene dalle idee. Nel 1800, il reddito giornaliero di un italiano era di tre dollari; oggi, a parità di valori, è di ottanta. In più, ci sono gli avanzamenti della medicina, dei trasporti, della tecnologia. Una completa trasformazione. Ma non è il risultato della lotta di classe, come sostiene la sinistra, o degli investimenti, come sostengono i conservatori. È il risultato delle idee che hanno prodotto innovazioni come l'elettricità, la radio, i sistemi idraulici». E, passaggio chiave, queste idee sono nate e hanno trovato gambe «dalla liberazione delle persone, dal liberalismo di Adam Smith e dalla caduta delle gerarchie che ponevano al centro l'aristocrazia». Sono le persone comuni e le idee lasciate libere di correre che creano la base del capitalismo.
La professoressa individua la nascita di questo spirito nell'Olanda della guerra contro la Spagna dal 1568 al 1648 e poi nella guerra civile inglese dal 1642 al 1651. «Tutto avvenne per un accidente della storia, grazie alla Riforma: ma non in senso weberiano, nel senso invece che il movimento protestante dette al popolo la governance, la possibilità di scegliere i propri pastori e quindi di liberarsi dalle gerarchie della Chiesa. I Paesi Bassi furono pionieri dell'attività borghese. Poi, gli inglesi presero tutto dagli olandesi: importarono il re, aprirono anch'essi una Borsa, crearono una banca centrale. Diventarono la New Holland. Lo spirito si estese poi all'America e immagino che, se non fosse successo, le forze della reazione avrebbero vinto. Mi spingo a dire che, senza i Paesi Bassi e l'Inghilterra, la Francia non avrebbe mai avuto una rivoluzione industriale, perché tutto era centralizzato, sottoposto ad autorizzazioni. Anche Italia e Germania non vissero i cambiamenti». Dopo le rivoluzioni liberali fallite del 1848, «si comincia a scrivere che il capitalismo è brutto, l'intellighenzia si schiera contro la borghesia, contro Voltaire e Thomas Paine e il libero mercato. Il Romanticismo, che dura ancora oggi, è servito ai conservatori per idealizzare il passato e alla sinistra per idealizzare la città futura: il nazionalismo, il razzismo, il marxismo, il socialismo, l'eugenetica vanno a dominare il pensiero. Nel XVIII secolo si scopre che, se liberi la gente, se lasci fare le persone e onori i loro risultati, il limite è il cielo. Nel XIX secolo si dice invece che quel che conta è la scienza, non le idee. È un conflitto: quando, nei Promessi sposi, Manzoni parla del rapporto tra controllo dei prezzi e carestia, è un liberale, scrive pagine da Adam Smith; ma, vent'anni dopo, Flaubert odia la borghesia».
L'incarnazione odierna di questi spiriti illiberali è nella tendenza a regolare tutto, a un paternalismo di Stato. Fino al 1995, Deirdre McCloskey era un uomo, Donald, poi ha cambiato sesso. Oggi scherza e dice di sentirsi, in opposizione al paternalismo di Stato, «una libertaria materna, e non avrebbe funzionato se fossi rimasta un ragazzo». Risultato: combatte battaglie attualissime. Di recente, è stata definita la più efficace economista anti-Piketty: ritiene che le teorie sulla diseguaglianza insita nel capitalismo, sostenute dall'economista francese Thomas Piketty, non stiano in piedi. «L'uguaglianza come questione etica dice è una sciocchezza. Etico è ridurre la povertà. Il gap tra poveri e ricchi non conta. Stabilire regole per diminuire le differenze non aiuta: il go per cento della riduzione della povertà deriva dalla crescita economica. E il dato di fatto è che, grazie alla libertà delle idee, alle innovazioni, alla middle class oggi siamo enormemente più ricchi. Anche nello spirito». - See more at: http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=15377#sthash.7k4WKYFC.dpuf
Ricordate la borghesia? E la middle class? Esistono ancora. A nome loro, un'economista americana lancia un'accusa all'intellighenzia dell'Occidente: dal 1848 le svalutate, ma sono tuttora la nostra ricchezza. Su questa base, Deirdre McCloskey ha deciso dí montarne una poderosa rivalutazione, storica e attuale. Fatto non frequente tra gli economisti, lo fa su basi etiche: sono il solo rimedio contro la povertà. La professoressa di Economia alla University of Illinois, Chicago, e alla Gothenburg University, Svezia, ha consegnato allo stampatore il terzo volume di una trilogia, The Bourgeois Era, che viene dopo The Bourgeois Virtues e The Bourgeois Dignity. In Italia ha appena pubblicato "I vizi degli economisti, le virtù della borghesia", edito da Ibl Libri (pp. 138, € 16). E in questi giorni è nel nostro Paese per una serie di incontri e conferenze organizzati dall'Istituto Bruno Leoni.
«Il fallimento delle rivoluzioni liberali del 1848 - sostiene in questa intervista - ha provocato nei ceti intellettuali di Italia, Germania, Francia, Spagna una reazione contro le classi medie che è arrivata fino a oggi». Un'opposizione che ha preso la forma del conservatorismo, del materialismo storico, del marxismo, del fascismo, dello statalismo: del rifiuto della carica innovativa e liberale della borghesia. «Ancora oggi c'è la tendenza a creare nuove aristocrazie», dice.
Il punto fondante dell'elaborazione della signora McCloskey sta nel ritenere le idee il motore dello sviluppo di quello che - termine che non apprezza - è chiamato capitalismo. «Il nostro benessere - sostiene - viene dalle idee. Nel 1800, il reddito giornaliero di un italiano era di tre dollari; oggi, a parità di valori, è di ottanta. In più, ci sono gli avanzamenti della medicina, dei trasporti, della tecnologia. Una completa trasformazione. Ma non è il risultato della lotta di classe, come sostiene la sinistra, o degli investimenti, come sostengono i conservatori. È il risultato delle idee che hanno prodotto innovazioni come l'elettricità, la radio, i sistemi idraulici». E, passaggio chiave, queste idee sono nate e hanno trovato gambe «dalla liberazione delle persone, dal liberalismo di Adam Smith e dalla caduta delle gerarchie che ponevano al centro l'aristocrazia». Sono le persone comuni e le idee lasciate libere di correre che creano la base del capitalismo.
La professoressa individua la nascita di questo spirito nell'Olanda della guerra contro la Spagna dal 1568 al 1648 e poi nella guerra civile inglese dal 1642 al 1651. «Tutto avvenne per un accidente della storia, grazie alla Riforma: ma non in senso weberiano, nel senso invece che il movimento protestante dette al popolo la governance, la possibilità di scegliere i propri pastori e quindi di liberarsi dalle gerarchie della Chiesa. I Paesi Bassi furono pionieri dell'attività borghese. Poi, gli inglesi presero tutto dagli olandesi: importarono il re, aprirono anch'essi una Borsa, crearono una banca centrale. Diventarono la New Holland. Lo spirito si estese poi all'America e immagino che, se non fosse successo, le forze della reazione avrebbero vinto. Mi spingo a dire che, senza i Paesi Bassi e l'Inghilterra, la Francia non avrebbe mai avuto una rivoluzione industriale, perché tutto era centralizzato, sottoposto ad autorizzazioni. Anche Italia e Germania non vissero i cambiamenti». Dopo le rivoluzioni liberali fallite del 1848, «si comincia a scrivere che il capitalismo è brutto, l'intellighenzia si schiera contro la borghesia, contro Voltaire e Thomas Paine e il libero mercato. Il Romanticismo, che dura ancora oggi, è servito ai conservatori per idealizzare il passato e alla sinistra per idealizzare la città futura: il nazionalismo, il razzismo, il marxismo, il socialismo, l'eugenetica vanno a dominare il pensiero. Nel XVIII secolo si scopre che, se liberi la gente, se lasci fare le persone e onori i loro risultati, il limite è il cielo. Nel XIX secolo si dice invece che quel che conta è la scienza, non le idee. È un conflitto: quando, nei Promessi sposi, Manzoni parla del rapporto tra controllo dei prezzi e carestia, è un liberale, scrive pagine da Adam Smith; ma, vent'anni dopo, Flaubert odia la borghesia».
L'incarnazione odierna di questi spiriti illiberali è nella tendenza a regolare tutto, a un paternalismo di Stato. Fino al 1995, Deirdre McCloskey era un uomo, Donald, poi ha cambiato sesso. Oggi scherza e dice di sentirsi, in opposizione al paternalismo di Stato, «una libertaria materna, e non avrebbe funzionato se fossi rimasta un ragazzo». Risultato: combatte battaglie attualissime. Di recente, è stata definita la più efficace economista anti-Piketty: ritiene che le teorie sulla diseguaglianza insita nel capitalismo, sostenute dall'economista francese Thomas Piketty, non stiano in piedi. «L'uguaglianza come questione etica dice è una sciocchezza. Etico è ridurre la povertà. Il gap tra poveri e ricchi non conta. Stabilire regole per diminuire le differenze non aiuta: il go per cento della riduzione della povertà deriva dalla crescita economica. E il dato di fatto è che, grazie alla libertà delle idee, alle innovazioni, alla middle class oggi siamo enormemente più ricchi. Anche nello spirito».
da Il Corriere della Sera