Grazie a Obama, ormai all'ONU si potrà dire tutto e il contrario di tutto
Constatiamo con amarezza che all'assemblea delle Nazioni Unite si possa ormai affermare, nell'indifferenza generale, tutto e il contrario di tutto.
Nessuno si solleva sdegnato per invitare l'oratore a moderarsi e a tornare nel "recinto ideale" della verità, o almeno della verosimiglianza storica. Chi la chiama democrazia, chi libertà di parola, e invece è solo la legge del più forte. È proprio questa la fotografia del recente show di Obama di fronte ai membri dell'ONU. A sentire il Presidente americano, soltanto gli Stati Uniti hanno a cuore il bene del mondo, per cui è a loro che spetta l'infallibilità delle intenzioni e pure quella delle azioni. In apertura di discorso, Obama dice che "l'integrazione della nostra economia globale ha reso la vita migliore per miliardi di uomini, donne e bambini e che l'anno scorso la povertà negli Stati Uniti è scesa al tasso più veloce in quasi 50 anni".
Sarà pur vero, ma l'Urban Institute ha realizzato in 10 comunità povere, anche in grandi città come Chicago, Los Angeles e Washington, uno studio in cui dimostra l'esatto opposto: è sempre più diffusa la tendenza degli adolescenti a prostituirsi, rubare e spacciare droga per poter mangiare. Sul fronte della salute, poi, un'altra ricerca certifica che 6,8 milioni di ragazzi tra 10 e 17 anni vivono in famiglie in condizioni di insicurezza alimentare, mentre paradossalmente l'obesità è aumentata dal 32% al 38%.
Ma non importa, perché Obama ha detto che "una persona nata oggi è più probabile che sia in buona salute, a vivere più a lungo, e di avere accesso alle opportunità che in qualsiasi momento nella storia umana". Sul fronte economico, poi, l'ottimismo del Presidente pare assai fragile: il progressivo impoverimento della società americana è una realtà sempre più evidente. Obama farebbe bene a cambiare il suo slogan da "I can" a "I could"… Ma a prescindere dalle menzogne che racconta ai giovani e agli ingenui — una questione prettamente interna che potranno regolare gli elettori statunitensi alle prossime elezioni — sono le sue parole sul mondo esterno che ci spaventano e ci ripugnano. "Se la Russia continua a interferire negli affari dei suoi vicini, potrà essere popolare in patria, potrà alimentare il fervore nazionalista per un certo tempo, ma a lungo andare finirà per indebolire il suo status e rendere i suoi confini meno sicuri". Non si può leggere questa affermazione se non in collegamento a quanto detto dallo stesso Obama nel discorso all'ONU del 2014, in cui parlando dell'Ucraina ha dichiarato di essere contrario ad "una visione del mondo in cui il potere è diritto, un mondo in cui i confini di una nazione possono essere ridisegnati da un altro e i civili non sono autorizzati a recuperare i resti dei lori cari a causa della verità che potrebbe essere rivelata".
Altra perla di ipocrisia: "è ovvio che l'integrazione globale abbia portato a una collisione di culture; commercio, migrazione, Internet, tutte queste cose possono sfidare e destabilizzare le nostre identità più care". Ma chi, se non il modello americano, ha portato la globalizzazione e la nichilizzazione delle comunità e dell'animo umano? Pronunciata da un Presidente USA, esce stonata anche questa affermazione: "credo che l'America sia stata una superpotenza rara nella storia umana nella misura in cui è stata disposta a pensare al di là del suo mero interesse".