Regeni, Marò, Ong: la caduta della diplomazia
Nel 2015 Paolo Gentiloni, allora ministro degli Esteri, inaugurò il portale Politica estera e Storia, che ospita i principali documenti e immagini rese pubbliche dalla diplomazia italiana a partire dal 1946: uno spazio virtuale che omaggia l'arte del dialogo intessuto dal Belpaese con il resto del mondo.
Non sappiamo se il sito pubblicherà anche le pagine più difficili della nostra storia, magari proprio quelle degli ultimi anni, in cui pericolose ombre si sono allungate sulla politica estera italiana.
L'ombra più recente è lo "scoop" del New York Times con l'inchiesta perché in Egitto uno studente universitario italiano è stato torturato e ucciso? Tre gole profonde del governo americano hanno rivelato che l'amministrazione Obama avrebbe passato informazioni vitali a Renzi sull'uccisione di Regeni: avevamo prove incontrovertibili di responsabilità ufficiali egiziane. Non c'erano dubbi. Su raccomandazione del Dipartimento di Stato e della Casa Bianca, gli Stati Uniti consegnarono questa conclusione al governo Renzi.
Il giornale statunitense si è fatto confermare la vicenda anche da altri membri dell'amministrazione di allora: non c'era chiarezza su chi avesse dato l'ordine di rapirlo e, probabilmente, di ucciderlo. Non avevamo dubbi sul fatto che questa era una cosa nota fino ai livelli più alti. Obama avrebbe quindi fornito all'Italia ben più di un semplice assist per pretendere spiegazioni dal governo egiziano, in un momento dove peraltro il premier fiorentino era assediato dall'opinione pubblica: il New York Times sottolinea infatti che in tutta Italia, il dolore si era tramutato in un senso di offesa a seguito dei dettagli emersi circa la violenta tortura subita prima di morire. Nella stampa, Regeni era spesso ritratto in una foto che lo mostrava sorridere con un gatto in braccio. Bandiere gialle con lo slogan 'Verità per Giulio Regeni' venivano esposte in città e paesini. Ma Renzi non ha comunque ottenuto alcun risultato. La verità non è ancora venuta a galla, anzi i magistrati avrebbero subito depistaggi ad opera delle autorità egiziane.
Dopo aver letto una notizia come questa, viene spontaneo domandarsi quale sia la forza che lo Stato italiano possa far valere all'estero. Marò sono stati rimpatriati fino alla definizione dell'arbitrato: ma ci sono voluti ben 4 anni per avere quel minimo di giustizia che qualsiasi altro governo avrebbe risolto in pochi mesi!
Pure qui Renzi prova ad appropriarsi del "merito" scrivendo nella sua autobiografia: sui due marò rivendico la differenza, direi quasi ontologica, con chi mi ha preceduto. Perché la loro vicenda è stata a lungo un tema caldo: chi li citava prendeva l'applauso. I commentatori si sgolavano perché l'Italia si facesse rispettare. Le opposizioni, incuranti delle vere responsabilità di questa vicenda, organizzavano manifestazioni di grande impatto mediatico, a cominciare dalla protesta-sceneggiata in aula quando il parlamento accoglieva Ban Kimoon.
Il governo Monti — sotto il cui operato era avvenuto il fattaccio — aveva ottenuto dall'India che i due marò potessero ritornare in Italia per un periodo. (…) Noi non abbiamo fatto una sola foto con quei marò. Li ho sentiti per telefono, in più di una circostanza, ovviamente. Ma non li ho esposti come trofei davanti alle telecamere. Però, con la nostra squadra di elevatissima professionalità, li abbiamo riportati a casa. Abbiamo posto la questione dei marò su tutti i tavoli internazionali e abbiamo lavorato bene con il governo dell'India — guidato da una personalità di rilievo come il primo ministro Modi. Sarebbe interessante sapere quanto abbiano pesato la malattia che colpì Latorre durante la detenzione in India, le dichiarazioni della figlia, lo sdegno di un popolo per l'iniquo trattamento giudiziario.
La testimonianza più recente della mancanza di voce dell'Italia al di fuori dei confini è rappresentata dalle minacce del governo libico contro le imbarcazioni italiane impegnate nel "recupero" dei migranti e l'allontanamento della imbarcazione Golfo Azzurro della Proactiva Open Arms da parte della guardia costiera locale. A prescindere da qualunque opinione si abbia sugli interventi delle Ong, qualcosa non funziona negli ingranaggi diplomatici se neppure in Libia i nostri governanti sono in grado gestire i rapporti internazionali.
È evidente come in quella regione l'aria stia cambiando: la Francia sta tessendo una tela per allargare la "colonizzazione leggera" del Nord Africa, mentre l'Italia non riesce a risponderle sul campo né ad affermare i propri diritti, visto che proprio dalle coste libiche arriva il maggior numero di profughi. Chissà se bisognerà aspettare decenni per vedere qualche documento su queste vicende pubblicato sul portale inaugurato da Gentiloni o se invece sapremo la verità già nei prossimi anni.
di Marco Fontana - Sputnik Italia