Su grandi opere e Tav il Governo rischia di deragliare

Gli scontri tra No Tav e Forze dell'ordine al cantiere di Chiomonte hanno provocato malumori. Dopo un anno di silenzio la protesta violenta è tornata in Val di Susa, forse rintuzzata da un M5S che pare dimenticarsi delle promesse in campagna elettorale, tanto che il sindaco di Torino Appendino ha consegnato un dossier No Tav al suo ministro Toninelli. Le opposizioni non sono rimaste a guardare, ma hanno stigmatizzato il silenzio sull'attacco e l'assenza di solidarietà agli agenti di polizia da parte del ministro dei Trasporti e del presidente del Consiglio. Solo all'ultimo istante la situazione è stata salvata del ministro degli Interni Salvini che ha chiuso la polemica accusando gli accusatori, dicendo che loro parlano io faccio per le forze dell'ordine, alludendo ad un aumento degli stanziamenti.
La polemica, però, si è riaccesa presto. Il 25 luglio Toninelli affermava: Il Tav è un'opera che abbiamo ereditato; quando è nata, se ci fosse stato il M5S al governo, non sarebbe mai stata concepita in questa maniera, così impattante, così costosa. Quindi non la fermeremo ma la miglioreremo, così come scritto nel contratto di governo. Non vogliamo fare nessun tipo di danno economico all'Italia ma vogliamo migliorare un'opera che è nata molto male.
Il giorno dopo ha dichiarato l'esatto contrario, probabilmente spinto dalle proteste No Tav, dal gruppo consiliare M5S di Torino e dai consiglieri regionali piemontesi grillini. Dalla Regione Piemonte la già capogruppo e consigliere regionale valsusina Francesca Frediani ha tuonato contro il suo Ministro: Io comunque rimango No Tav, non Meglio Tav, a cui è seguito un comunicato-fiume dei consiglieri comunali:
Porteremo in Comune un documento in cui si chiede al governo la ridiscussione integrale del progetto e, nell'attesa, di sospendere i poteri del direttore generale di Telt, in modo che non possano essere firmati gli annunciati bandi di gara per oltre 5 miliardi di euro che potrebbero dare origine a futuri contenziosi, di sollevare l'architetto Foietta dai suoi tre incarichi (Presidente Osservatorio Torino-Lione, Commissario straordinario del Governo per la Torino-Lione, Copresidente Intergovernativa Italia Francia per la Torino-Lione) e il direttore Mario Virano in quanto nominato nel cda di Telt dal Governo.
Toninelli ha poi abiurato l'opera, seguito dal presidente da Conte, che dalle colonne de La Stampa fa sapere che la Tav non si farà più. In tale situazione intricata cozzano interessi elettorali locali e nazionali.
Salvini, spronato da Forza Italia e Fratelli d'Italia, ha fatto sapere che per lui l'opera andrà avanti e ha spinto Conte a ritrattare certe sue dichiarazioni: il dossier non é ancora sul tavolo del Governo. È la seconda volta che la maggioranza scricchiola, dopo le tensioni sulla chiusura dei porti. Stanno venendo alla luce differenze di visione che allontanano due forze politiche che si erano in effetti presentate separate il 4 marzo. E non siamo ancora a ottobre, quando si discuterà il documento di programmazione economica e finanziaria (Def). Le risorse a disposizione sono poche: qualcuno dovrà rinunciare a una parte o addirittura a tutte le promesse agli elettori. C'è in gioco la revisione della riforma Fornero, il reddito di cittadinanza, la Flat Tax, la cancellazione di parte delle accise sui carburanti, la rottamazione delle cartelle, il disinnesco definitivo delle clausole di salvaguardia che porterebbero all'aumento dell'IVA. È una lista della spesa notevole: dai 70 ai 130 miliardi di euro, a cui aggiungere i 5 miliardi di manovra correttiva che l'UE ha nuovamente intimato di trovare.
Anche se l'autunno si annuncia rovente, c'è chi non la vede così. I ben informati dicono che alla fine Toninelli si limiterà a cambiare un pochino il tracciato, portando a un risparmio di 2 miliardi di euro, fondi buoni da reinvestire nel reddito di cittadinanza. Altri dicono che il leader della Lega non sarebbe poi così ferreo nella difesa della Tav. Il Piemonte potrebbe essere sacrificato per privilegiare Lombardia e Veneto: senza il passaggio della Tav, infatti, Torino verrebbe tagliata fuori permettendo a Milano e Nord-est di essere più attrattivi per gli investitori, anche perché saranno collegati pure nel corridoio che porta verso Rotterdam.
Rimane la sensanzione di una politica che si muove col passo del gambero: a una dichiarazione di una forza di governo, spesso corrisponde quella dell'altra che rema in direzione opposta. E pensare che ci si lamentava quando i governi erano composti da quattro o cinque partiti: oggi sono in due, eppure si fa una gran fatica a trovare una sintesi.
di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia