Macron lancia la nuova Europa, ma prima gli servirebbe una nuova Francia
Osservare come i leader di alcuni Paesi europei stiano cercando di rispondere alla crescita, elezione dopo elezione, dei partiti sovranisti - presenti ormai in ogni Stato membro dell’Unione - è un esercizio interessante e a tratti stupefacente.
Emmanuel Macron, l'uomo che ha vinto la lotteria delle ultime politiche francesi con un programma che si presentava fuori dagli schemi dei partiti tradizionali, nel suo discorso al Bundestag di Berlino spiega che l'Europa, e Francia e Germania al suo interno, hanno l'obbligo di non lasciar scivolare il mondo nel caos e di accompagnarlo sul cammino della pace. Il nostro mondo è a un bivio, c'è il rischio di un ritorno al nazionalismo senza memoria e al fanatismo senza punti di riferimento. Da tali parole risulta evidente come il Capo di Stato francese, una volta raggiunto lo scranno, abbia rapidamente rivelato la sua essenza di paladino del sistema e dell'élite e che quindi, sondaggi disastrosi alla mano, abbia intrapreso la china dei suoi predecessori: cioè coprirsi gli occhi e chinarsi alla corte di quella Eurocrazia che spinge fasce sempre maggiori di cittadini ad abbracciare le idee sovraniste o addirittura estremiste. Non che Macron fosse anti-europeista, anzi tra i candidati alle scorse elezioni era quello che aveva espresso più chiaramente la sua posizione favorevole nei rapporti con l'Unione, ma nei comizi era stato molto aperto a una condanna dell'Europa attuale. L'intervento rivolto al parlamento tedesco rappresenta invece l'ennesimo voltafaccia al popolo francese.
Proprio in questi giorni, quasi trecentomila persone in Francia hanno manifestato il proprio dissenso nei confronti del governo, ma non è stata una marcia pacifica: il conto parlava di 400 persone rimaste ferite, di cui una quindicina in modo grave, e di una vittima. È una protesta che ricorda molto quella dei Forconi, avvenuta in Italia nel dicembre 2013 e che paralizzò parti intere della Penisola, facendo scendere in piazza non solo gli autotrasportatori, ma anche i commercianti, i piccoli imprenditori e diversi altri gruppi più o meno spontanei.
Quelle manifestazioni, organizzate soprattutto con Internet, si rivelarono come le prove generali della consacrazione del Movimento Cinque Stelle, che ha fatto della mobilitazione dalla Rete alla piazza uno dei suoi cavalli di battaglia.
La situazione francese potrebbe essere preparatoria al sorgere di nuove forme di aggregazione partitica sui recenti modelli italiani. Proprio da questa constatazione, vissuta con paura da certi politici europei, nasce la reazione macroniana di rinsaldare il patto con l'Ue. Tuttavia, Monsieur le President farebbe bene a stringerne uno nuovo coi francesi, finché è in tempo. Mentre infatti si aggrava la situazione interna al suo Paese, Macron lancia una nuova Europa: e allora viene spontaneo domandarsi come possa questo politico giovane e ambizioso comprendere il popolo europeo se non è nemmeno in grado di capire il proprio.
Prosegue Macron nel discorso di Berlino:
L'Ue deve diventare più forte, accrescere la propria sovranità, perché non potrà crescere nel suo ruolo se diventa essa stessa un gioco della grandi potenze, se non assume la responsabilità per la propria sicurezza e la propria difesa. La nostra responsabilità é agire oggi, lo dobbiamo a chi per 70 anni ha lavorato alla costruzione di questo progetto. Per le generazioni passate non è stato più semplice, e ogni generazione deve assumersi le proprie responsabilità. Ci sono molte potenze che cercano dividerci, che si immischiano nel nostro dibattito pubblico, che cercano di attaccare la nostra democrazia, che cercano di metterci gli uni contro gli altri.
Tutto perfetto, non fosse che lui stesso parla solo di Germania e Francia, escludendo quindi tutti gli popoli europei dal "ridisegno" dell'Unione che ha in mente lui — il quale non ha più l'approvazione del suo stesso popolo, che non perde occasione per scioperare contro i suoi provvedimenti. Chi è privo della legittimità popolare come può licenziare provvedimenti legittimi? Come può chi è ormai minoranza nel suo Paese determinare i destini di altre nazioni? Certo, per i tecnocrati "al riparo dai processi elettorali" (Monti docet) non è una bestemmia, ma per chi crede nei valori democratici si tratta di qualcosa di offensivo e paradossale.
Infine, quando l'establishment europeo — il conclave ristretto dei potenti con sede a Bruxelles — si sente accerchiato, invoca lo spettro delle interferenze esterne. Peccato che la storia insegni come le interferenze avvengano per destabilizzare Stati forti. In Europa, invece, non c'è bisogno di azioni esterne, perché il sovranismo nasce come risposta interna all'incapacità della politica comunitaria di adattarsi a un mondo completamente cambiato con la crisi economica internazionale. L'Eurocrazia potrà arroccarsi nel suo fortino quanto vuole, ma primo o poi dovrà cedere e guardare in faccia la realtà: il popolo, dal proletariato alla borghesia, non ce la fa più a sopportare, e se queste due fasce della società si alleano, la miscela esplosiva è quella di una rivoluzione.
di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia