Macron e il ripensamento degli intellettuali
Osservando le immagini di Parigi, spero proprio che le grandi firme dei principali quotidiani, dopo anni di genuflessioni davanti alle veline passate dagli eurocrati e da oltreoceano, provino un sussulto di vergogna ricordando le volte in cui hanno definito “dittatori” alcuni politici per questioni molto, ma molto meno pesanti di quella francese.
Guardando le immagini di Parigi, vedendo gli autoblindo con la bandiera europea tatuata sulle fiancate, e i giovani studenti dai volti lividi fatti inginocchiare dalle forze dell'ordine con le mani incrociate sulle testa, e poi i feriti portati via non dalle autoambulanze ma dalle camionette della polizia, e infine le macchine in fiamme e le centinaia di arrestati effettuati su ordine del presidente Macron, spero proprio che le grandi firme dei principali quotidiani, dopo anni di genuflessioni davanti alle veline passate dagli eurocrati e da oltreoceano, provino un sussulto di vergogna ricordando le volte in cui hanno definito "dittatori" alcuni politici per questioni molto, ma molto meno pesanti di quella francese. O che almeno ricordino il trattamento mediatico riservato a Erdoğan in seguito al golpe fallito del luglio 2016.
Allora il leader turco fu massacrato dal mainstream occidentale. Ogni occasione era buona per stilare un'infografica dei cittadini da lui fatti arrestare. Gli era pure stato vietato di mandare i suoi ministri a parlare coi turchi nei vari Paesi europei per spiegare le ragioni del referendum che prevedeva maggiori poteri nelle sue mani. Era stato trattato dalle Nazioni Unite come un delinquente, nonostante avesse appena subito un golpe in piena regola. Invece ora col buon Emmanuel ci si limita alla cronaca o al massimo gli osservatori più coraggiosi osano parlare di un fallimento delle sue politiche. Nessun giornale, invece, sta difendendo la sovranità che quei francesi in gilet giallo dimostrano essere ancora radicata nell'animo degli europei.
Riferendomi ad Erdoğan, proprio allora lanciai la domanda su cosa avrebbe fatto un premier europeo nel caso in cui avvenisse qualcosa di simile a un golpe. Bene, ora lo abbiamo visto coi nostri occhi: applicherebbe le medesime ricette del turco. Si intende, quello di Macron non è neppure un golpe nel vero senso della parola, ma il pericolo di golpe è servito come giustificazione per applicare misure speciali che riducono le libertà individuali. E solo tardivamente Monsieur le Président ha pensato a una retromarcia e a un'autocritica, emanando un messaggio alla nazione tanto patetico quanto simbolico del fallimento di chi crede che le persone siano sudditi e non cittadini loro pari.
Macron è l'ennesimo eurocrate salito al vertice grazie alla finanza e alle giuste frequentazioni. La sua reale autorevolezza politica è davvero molto scarsa. Ci si aspetterebbe ora che Olanda e Germania, le quali nei mesi successivi al repulisti di Erdogan fecero carta straccia della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, applichino lo stesso metro di giudizio anche con Macron, annullando le future visite del leader francese. Ma così non sarà: lo si capiva già pensando a quella Spagna che aveva arrestato i leader catalani indipendentisti regolarmente eletti dai loro cittadini. E così, quelle libertà di popolo sbandierate in tutti gli Stati del Medioriente per legittimare gli interventi militari arretrano miseramente quando i fattacci accadono dentro l'eurozona.
Fa sorridere che spetti a Jean-Paul Fitoussi demolire quello che lui stesso aveva elevato ad icona. Su Il Fatto Quotidiano leggiamo questa sua frase lapidaria: ho sostenuto Macron, ma è solo un imbecille.
L'economista spiega: Lo ritenevo in gamba, ma i francesi si sono accorti della verniciatura, neppure fatta bene, di un muro pieno di crepe. Macron aveva annunciato che il suo programma sarebbe stato costituito da due parti. Apriva alla destra, all'élite, alla borghesia imprenditoriale, garantendo la riduzione delle tasse sul capitale finanziario. E offriva però alla sinistra, al popolo, un miglioramento delle condizioni economiche. L'aiuto alla destra c'è stato subito. I ricchi e i ricconi si sono visti alleggerire le tasse sui capitali, ha lasciato intatte solo quelle sul patrimonio immobiliare. Ai poveri invece ha servito il nulla. L'aumento della benzina è stata una vera provocazione. Quella provocazione, frutto dell'ignoranza sulle condizioni del territorio, ha scatenato la protesta. La gente ha pensato: questo qui toglie le tasse ai ricchi e le mette a noi poveri.
Il ripensamento del celebre economista risulta però tardivo. I pensatori dei salotti che contano hanno già mostrato la loro miopia coi vari Blair, Sarkozy, Obama, etc. Puntualmente presentano i nuovi uomini della provvidenza, per poi scoprire al termine dei loro mandati che restano solo macerie. Quanti Macron dovranno passare per i palazzi del potere prima che l'Occidente si accorga del disastro verso cui sta andando?
di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia