Bankitalia brinda con l'UE al funerale del Governo
Pochi giorni fa, Bankitalia ha annunciato che l'Italia è sull'orlo della recessione. Secondo le stime dei tecnici, l'ultimo trimestre del 2018 ha registrato un calo consistente del Pil, che si andrà a trascinare lungo l'anno appena cominciato. La conseguenza è una crescita per il 2019 prevista allo 0,6%, contro l'1% indicato dal Governo.
Si può facilmente notare che, nel comunicare questi dati negativi, la Banca d'Italia sembra emanare la tipica soddisfazione di quelli che dicono "Noi ve l'avevamo detto!". Così, Bankitalia e l'Unione Europea, con il codazzo degli intellettuali mainstream, recitano il De Profundis all'economia italiana mentre brindano al funerale dei piani del Governo giallo-verde.
Tuttavia, a Palazzo Koch e alla Commissione europea forse hanno fatto i conti senza l'oste (per rimanere in una metafora cara al malato di sciatica Juncker). Vi sono infatti diversi elementi che depongono a favore del Governo italiano. Anzitutto, questa nuova crisi — ammesso che l'Italia sia mai uscita da quella precedente — certamente non deriva tutta dalla Manovra del popolo, rimasta azzoppata dai viaggi a Bruxelles di Tria e Conte. Da un lato vi è la vera e propria guerra finanziaria tra Cina e Stati Uniti, capace di ridisegnare l'economia globale; dall'altro lato si trova l'instabilità dovuta ai continui tira e molla sull'accordo per la Brexit. Sono due fatti gravi che non possono essere sottovalutati nel giudicare la situazione di un Paese come l'Italia, le cui fortune commerciali sono legate strettamente all'export.
Peraltro, non è che la Francia stia molto meglio. A novembre l'Insee, l'istituto francese di statistica, ha calcolato un calo mensile della produzione industriale d'Oltralpe quantificabile all'1,3%. Risulta quindi evidente che ci troviamo di fronte a un fenomeno diffuso, il quale dovrebbe essere oggetto di seria interrogazione da parte dei residenti ai palazzi del potere di Bruxelles: perché se affondano Italia e Francia, affonda sicuramente tutta l'Europa. L'inversione a U di Juncker sulla Grecia probabilmente non è arrivata a caso. Ha ragione il vicepremier Di Maio nel bollare come lacrime di coccodrillo le parole del presidente della Commissione: Durante la crisi austerità avventata. Poca solidarietà con i greci.
Oltre alla crisi internazionale, c'è da chiedersi dove fosse Bankitalia quando l'Europa smontava la Manovra pezzo per pezzo, tramutandola in una serie di titoli dal contenuto vuoto o quasi inerme. Il reddito di cittadinanza, nonostante le dichiarazioni di facciata in vista delle elezioni europee, è stato stravolto. Non ci sono denari sufficienti per riformare i centri per l'impiego, mentre i fondi a disposizione non potranno mai coprire le 6 milioni di persone alle quali era stato promesso un assegno da 780 euro al mese (che lieviterebbe a 1200/1500 euro per i nuclei familiari con più figli). Ovviamente questi soldi, una volta sottratti alle famiglie, produranno minori consumi interni e perciò un calo netto di quella crescita continuamente invocata dal Governo. Anche sul fronte della Quota100, la riforma pensionistica, abbiamo qualcosa di annacquato rispetto al programma elettorale del centrodestra.
Una parte della riforma la pagano i pensionati, e chi si aspettava di andarci non lo farà, ma è impossibile immaginare che nella contingenza internazionale che stiamo vivendo a ogni nuovo pensionato corrisponda un nuovo assunto. Figuriamoci due, come quelli promessi dal Governo. Il gettito fiscale si ridurrà, rischiando di far scendere ancora di più il Pil rispetto la previsione di Bankitalia. Basti pensare a questo dato: sono previsti circa 200mila pensionati nel settore pubblico, ma che le assunzioni sono bloccate dalla Manovra stessa per tutto il 2019. La Flat tax, infine, è sparita dai radar.
Bankitalia avrebbe dovuto difendere la Manovra, spiegando che il tagliare qua e là avrebbe generato più danni al Pil di quelli che vi sarebbero nel mantenerla intatta. Avrebbe dovuto supportare il Governo contro l'UE, proprio perché non credeva agli uomini che lo dirigono. Ancora una volta, come nel 2011, è invece prevalsa la resistenza passiva dell'apparato (o almeno di una sua parte) verso un Governo che considera distante. Ma in Italia assistiamo sempre alla solita tragedia che i soliti attori mettono in piedi quando non sono loro a comandare. Il senso dello Stato soccombe sistematicamente alle ragioni di una parte politica. Persino dal mondo dell'assistenza cattolica si levano i gemiti da mal di pancia provocati dal reddito di cittadinanza. Se attaccano con la frase "Non è così che si abolisce la povertà", usata anche contro governi precedenti, è lecito sospettare che il loro giudizio si basi su preconcetti.
E non ha dato una mano neppure il governatore della BCE Mario Draghi, che aver difeso l'Italia per anni attraverso il Quantative Easing parando gli strali della Germania, ha abbandonato per primo la nave nazionale che si appresta ad affondare. Intanto il Governo farebbe comunque bene a non sottovalutare la recessione economica, mentre risponde ai gufi di Bankitalia sottolineando come da diversi anni non ci prendano nelle loro previsioni, e affermando che va tutto bene, come già faceva Renzi. A partire da questo italico masochismo si raggiunge la certezza che l'Italia rimarrà sempre un vagone malridotto del treno europeo e non diventerò mai locomotiva, pur avendo dentro di sé un motore formidabile.
di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia