Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
14 febbraio 2019

Sanremo: l’élite delle giurie ribalta il voto popolare

La bufera che ha travolto l’edizione 2019 del festival di Sanremo non si è ancora placata. Il vincitore Mahmood, pseudonimo di Alessandro Mahmood, non ha fatto in tempo a esultare che già veniva strumentalizzato da alcuni e contestato da altri.

Leggendo certi titoli sulla serata finale di Sanremo, si evincerebbe che Mahmood abbia letteralmente conquistato il teatro Ariston: tuttavia, spiace dirlo per il giovane artista, non è andata assolutamente così. Non giochiamo con le parole! Vista l'accoglienza riservata a suon di fischi ai tre finalisti da parte della platea, talmente "calorosa" da far intervenire il direttore artistico Claudio Baglioni per domandare il rispetto degli artisti sul palco, non si può davvero parlare né di trionfo né di conquista. Mahmood non ha fatto innamorare nemmeno il pubblico a casa, visto che nella seconda sessione è arrivato terzo nella classifica del televoto: il dato notevole è il distacco patito rispetto al primo della classifica, cioè il 30% in meno rispetto ai consensi di Ultimo con la canzone "I tuoi particolari". Nella finalissima, il cantautore romano è risultato infatti il più gettonato dai telespettatori, con ben il 46,5% dei voti, seguito da Il Volo con il 39,4%, e poi dietro col 14,1% l'italo-egiziano di Milano. Con la sua "Soldi", Mahmood è stato premiato dalle giurie "qualificate", e su questo non ci sono dubbi; ma se la matematica non è ancora un'opinione, è inaccettabile parlare di "trionfo" per lui. Sono state infatti la giuria della sala stampa e la giuria d'onore a ribaltare la massa dei voti degli italiani, facendo convergere in maniera piuttosto insolita le loro preferenze.

Diventa così un facile esercizio paragonare l'esito del Sanremo 2019 con quanto è accaduto troppo spesso nella nostra povera Italia, nella quale un'élite autoreferenziale che si ammanta di moralità e di pie illusioni riesce a imporre la sua volontà alla maggioranza del popolo. Dopo Claudio Baglioni con la sua uscita anti-governativa, ci hanno pensato le giurie a stabilire il vincitore più politically correct degli ultimi anni.

Viene spontaneo domandarsi: essendoci già a Sanremo premi su premi (quello della critica, il Dalla, l'Endrigo, il Bardotti etc.) non si potrebbe lasciare al pubblico l'onore di decretare il vincitore finale? Non è forse il pubblico, anzi diciamo pure la gente, a comprare i dischi e andare ai concerti, insomma a fare grandi quegli artisti che invece vengono spesso intralciati o ignorati proprio dai critici e dalle giurie di qualità? Che i professionisti della musica decidano pure sul miglior testo, la migliore composizione, la migliore interpretazione, ma lasciamo che sia il pubblico "non qualificato", quello che paga il canone e permette, insieme agli inserzionisti, che il Festival di Sanremo venga prodotto e trasmesso, a dire la sua in fatto di vittoria finale. E intanto siamo proprio sicuri che agli inserzionisti, ai quali interessa che gli spettatori siano soddisfatti, garbi così tanto che una piccola minoranza possa cambiare l'esito di un voto popolare?

Difficile non assimilare i fischi che hanno sommerso i conduttori del 69esimo Festival sanremese al grido di un popolo perennemente incompreso e dileggiato dagli intellettualoni. Questi ultimi non lo intendono quando si tratta di votare una canzone, figuriamoci se si parla di politica o di economia reale. Dentro a quella contestazione c'è il rancore di cittadini che vengono messi in condizione di sentirsi persone di serie B. Peraltro, questa lettura metaforica di Sanremo è stata sdoganata fin da subito e proprio dal mainstream, che ha immediatamente tirato fuori i paragoni con il 4 marzo e il solito arsenale di battutine sui sovranisti cattivi e i populisti ignoranti. Per certi fini pensatori dei salotti buoni, Mahmood in realtà non conta nulla in quanto cantante, ma è solo una ghiotta occasione per riproporre le loro logiche trite e ritrite, nonché fallaci: e a dare il calcio d'inizio alla solita partita di dichiarazioni e ribattute era stato proprio Baglioni nella conferenza stampa d'apertura del Festival.

Sia chiaro: non è la prima volta che da Sanremo, attraverso il voto delle giurie, viene mandato un messaggio più o meno politico. Nessuno si scandalizza per questo, ma riteniamo lecito chiedere di riformare un sistema di voto ingiusto o quanto meno bizzarro, o che almeno si preveda un premio assegnato solo attraverso il televoto. Ma forse una cosa del genere non conviene ai padroni del discorso, perché in questo modo il mainstream avrebbe meno inchiostro con cui riempire pagine su pagine.

di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia

 

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