Scorrendo le 33 pagine che compongono l'analisi, risulta palese il giudizio pessimo nei confronti delle politiche comunitarie da parte dei cittadini degli Stati membri economicamente più rilevanti: coloro che esprimono emozioni negative verso Bruxelles sono l'87% in Francia, l’86% in Spagna, il 67% in Polonia, il 63% in Italia, il 61% in Germania e il 53% in Austria. Il senso di disgusto e di rabbia attraversa quindi sia i Paesi che stanno maggiormente patendo gli effetti della protratta crisi economica, sia le superpotenze come Francia e Germania, quelle che negli ultimi anni si sono imposte con le buone e con le cattive come forze egemoni sul Vecchio Continente.
L'acrimonia caratterizza il sentire dei popoli europei, in particolare dei ceti più deboli. Secondo Swg, dominano la rabbia, il disgusto e la paura verso una politica percepita come distante, se non addirittura ostile. E non è un caso che questi sentimenti siano più forti in Francia, dove raggiungono un picco del 55% nell’opinione delle persone meno abbienti. Al contrario di quanto molti soloni si affrettavano a dire già prima delle feste natalizie, il fenomeno dei gilet gialli continua e anzi è in espansione, perché le sue ragioni derivano dal profondo e oggi si stanno traducendo in una radicale spinta al cambiamento, che è certamente più forte nelle classi povere, ma rimane comunque alta contando tutta la popolazione francese: arriva infatti al 49%. È una percentuale altissima rispetto agli altri Stati membri dell'UE: ad esempio in Spagna questa voglia di rivoluzione si ferma al 35% (42% nelle fasce deboli) e in Italia al 32% (40% tra i meno abbienti). Ma a pensarci bene, per l’Italia e anche per l’Ungheria è un dato facilmente spiegabile dal fatto di essere Paesi governati da esecutivi “sovranisti”, ed è peraltro una testimonianza del fatto che i governi Conte e Orbán stiano fungendo da cuscinetto alle tensioni che attraversano i rispettivi popoli, a dispetto di una certa narrativa che invece li descrive come focolai dei peggiori “ismi” che si possano immaginare.
Lo studio di Swg è estremamente interessante anche per analizzare alcuni cavalli di battaglia utilizzati dal Partito Democratico per attaccare i sovranisti. Per esempio, il respingimento dei migranti è molto più sentito in Polonia, Francia e Germania che non in Italia. Da noi, a essere per la chiusura totale all'immigrazione è il 39% (49% se si prendono in considerazione i ceti popolari), cioè molto meno che in Germania (48%), Francia (54%) e Polonia (63%). Insomma, stando a quanto riporta Swg, l’accusa di razzismo verso gli italiani non regge proprio. Quello che caratterizza il Belpaese è invece il desiderio di attivare politiche che affermano il "prima noi". Nello Stivale la spinta protezionistica convince il 64% degli abitanti, che è comunque meno che nella apertissima e multiculturalissima Germania, nella quale il 65% dei tedeschi vorrebbe politiche nazionaliste, e nella Francia baluardo di europeismo, dove si arriva addirittura al 79%. Proprio coloro che una certa Sinistra indica agli italiani come esempi per divenire finalmente persone civili e moderne, sono quelli che danno il cattivo esempio (“cattivo” almeno secondo i criteri di quella visione del mondo).
Nonostante questo vento di risentimento, Swg certifica come i popoli europei aspirino ancora a un’Europa Unita. Si sono infatti pronunciati per una effettiva uscita dall'UE solo il 17% in Francia, il 13% in Austria, l'11% in Germania, l'8% in Italia e il 7% in Spagna e Polonia. Percentuali che sarebbero ben diverse se si parlasse di uscita dalla moneta unica, ma l’indagine non approfondisce questo aspetto. È certo però che i cittadini europei chiedono ai loro governanti di risanare le fratture sociali che lacerano il continente da troppo tempo, e chiedono di rigenerare il sogno europeo, magari con protagonisti diversi da quelli attuali, come si evince dalle indicazioni di voto. In Italia viene bocciata quasi tutta la classe dirigente, compresi la gerarchia ecclesiastica e i vertici delle banche, e vengono considerati inadeguati anche i dirigenti di cooperative, i giornalisti, i magistrati, le associazioni di rappresentanza e i professori universitari. Insomma è evidente che se si vuole dare finalmente ascolto ai bisogni dei cittadini, allora occorre lavorare non solo per ristrutturare l'Europa, ma per rinnovare in tutti i suoi aspetti l’intera classe dirigente italiana.
di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia