Intervista a Cristiano Puglisi: Trump e gli USA tentano un “all-in” sul mondo
Dopo la decisione di Trump di aumentare la pressione sull'Iran sanzionando i Paesi che continuano a comprarvi petrolio, è necessario far luce su questo tentativo di “all-in” sul mondo intero da parte di Washington, perciò abbiamo chiesto un parere a Cristiano Puglisi, giornalista e opinionista per il Giornale.it, e nel recente passato per Libero e L'Intellettuale Dissidente nonchè membro del Consiglio Direttivo di APICAM - Associazione Promozioni Industriali, Commerciali e Agricole nel Maghreb e dell’Associazione Lombardia Cina.
- Come considera la decisione di Trump sul petrolio iraniano?
- Gli Stati Uniti vogliono schiacciare economicamente l’Iran: è palese la volontà di un regime change, fomentando da un lato il dissenso verso il Governo iraniano con la prevedibile crisi economica derivante dal calo di esportazioni petrolifere e dall’altro aiutando formazioni come i Mujaheedin del Popolo, una realtà di stampo terrorista i cui membri sono in esilio a Parigi. Lo scorso autunno Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York e membro dello staff presidenziale, dichiarò esplicitamente il supporto americano a questa organizzazione.
- Ma così non si rischia di avvantaggiare gli Stati canaglia vicini alla Clinton?
- Esatto, ma lo scopo è proprio quello. Le esportazioni di petrolio iraniano saranno soppiantate, guarda caso, da quelle saudite. Lo ha detto lo stesso Trump.
- Quanto peserà questa decisione negli equilibri internazionali? La Cina sta già alzando barricate...
- Con l’accordo sul nucleare, raggiunto grazie a una rinnovata fase di dialogo con l’allora neo-premier Rouhani, Obama sperava di usare l’Iran per danneggiare le esportazioni energetiche russe, sottraendo a Mosca fette di mercato verso l’Europa e incrinando indirettamente l’asse eurasiatico. Con Trump, invece, torna alla ribalta la “Israel lobby”, rappresentata anche dal genero Jared Kushner, filo-sionista ma legato al principe saudita Bin Salman. Il rafforzamento del sodalizio storico USA-Israele-Arabia Saudita ha portato a nuova ostilità verso l’Iran. È un cambiamento tattico dovuto all’influenza di gruppi di pressione diversi rispetto a quelli di Obama e Hillary, ma il quadro generale non muta di una virgola: l’Occidente a guida americana opposto in tutti gli scenari all’Eurasia russo-cinese (e iraniana) e fermamente intenzionato a non cedere egemonia.
- Come valuta la mancata reazione dell’ONU alle prese di posizioni unilaterali statunitensi?
- A cosa è servita l’ONU quando ci fu la guerra in Iraq? E in Libia? A nulla. L’ONU fu creata nel secondo dopoguerra per garantire la permanenza dell’equilibrio di Yalta, ma come la Società delle Nazioni nel primo dopoguerra ha sempre fondamentalmente servito soltanto la causa del mondialismo di stampo anglosassone. Certo, Russia e Cina fanno pesare il proprio voto nel Consiglio di Sicurezza, ma la sostanza è quella.
- Non ha la sensazione che USA e UE siano alla continua ricerca di un nemico da additare per alleggerire i propri fallimenti nelle politiche nazionali?
- C’è di sicuro un fattore di comunicazione politica, però bisogna fare un’importante distinzione. Oggi la strategia americana di lungo termine si differenzia da quella europea, in cui pesa l’influenza tedesca. La Germania ha avviato con la Francia un processo volto a svincolarsi progressivamente dall’influenza americana e a impostare una propria politica di potenza: l’accordo ne costituisce una dichiarazione d’intenti precisa, così come lo è il gasdotto Nord Stream 2 con la Russia. Come testimoniano i documenti, l’UE nacque anche in funzione della conservazione dell’egemonia atlantica sull’Europa occidentale e, dopo la caduta del muro di Berlino, su alcuni Paesi dell’ex Patto di Varsavia. Vedremo se queste tensioni “autonomiste” tedesche potranno davvero avere successo.
- L’Italia dovrebbe reagire a questa decisione americana o rischierebbe di essere schiacciata?
- Con l’attuale Governo l’Italia si è appiattita sulle direttive dell’amministrazione Trump, ma lo ha fatto perché in seguito allo scontro con Bruxelles non aveva molte alternative. Tuttavia il risultato è che, al di là delle dichiarazioni d’intenti, l’Italia non si è opposta al rinnovo delle sanzioni a Mosca, ENI si è adeguata alle direttive USA sull’Iran e il Governo ha sostenuto la costruzione del gasdotto TAP, a cui gli Stati Uniti tengono molto per contrastare le vie del gas russo. Unica eccezione sono gli accordi per la Nuova Via della Seta che potrebber avere l’effetto positivo di liberare l’Italia da un’adesione totale alla geopolitica di Washington. Ora però Roma ha per le mani la patata bollente della Libia, e gli USA potrebbero essere determinanti per garantire le posizioni italiane.
Insomma, ci troviamo tra un’incudine a stelle e strisce e un martello franco-tedesco.
- Si potrebbe vedere l’espulsione di Assange dall’ambasciata dell’Ecuador, dopo le favorevoli dichiarazioni dell’ambasciatore americano, come una strategia per addomesticare tutto il mondo alla propria visione e interessi?
- È soprattutto la dimostrazione che la democrazia angloamericana, elogiata per decenni come un modello perfetto cui tendere, non è poi così libera e trasparente. Anzi, la sensazione è che più declina il suo primato, più questo sistema di potere si arrocca in difesa, mostrando tutte delle contraddizioni insanabili. Trump è un’alternativa a questo sistema? No. Al comando del “deep State” ci sono diverse sensibilità, Trump ne rappresenta solo una parte, ma il piano generale non cambia.
- L’accordo di Aquisgrana e l’invio della Francia di truppe al confine russo rappresentano mosse di una strategia organica di allargamento dell’influenza americana contro Russia e Cina?
- Aquisgrana è più che altro un tentativo di svincolarsi dall’influenza americana (e per Merkel e Macron anche uno spot elettorale). Comunque Macron, così legato a certi circoli mondialisti liberal, non può essere considerato un interlocutore affidabile per Mosca. Ciò detto, la strategia USA contro Russia e Cina è una trasparente realtà che si rivela in Venezuela, Medio Oriente, Europa orientale. L’uscita dal trattato INF è un altro esempio. È una situazione preoccupante, perché un nuovo equilibrio oggi non esiste.
Di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia