Intervista ad Antonio Maria Rinaldi: "Se l’UE non mette fine al direttorio franco-tedesco soccomberà"
A poche ore dal rinnovo del Parlamento europeo, per comprendere se sia realmente in gioco il futuro dell'Unione Europea - almeno quella che abbiamo conosciuto fino ad oggi - Sputnik Italia ha deciso di intervistare il professore ed economista Antonio Maria Rinaldi, impegnato nella corsa elettorale con la Lega.
- Professor Rinaldi, è ancora possibile un’unione di popoli nel Continente europeo?
- Auspico che ciò avvenga, ma l'architettura attuale dell'Unione Europea è insostenibile. Si dovranno stringere degli accordi diversi da quelli attuali, affinché essa sopravviva.
- Il sovranismo rischia di disgregare l'UE o potrebbe paradossalmente rafforzarla?
- Sono due aspetti della medesima questione: c'è chi pensa alla sovranità come ritorno ai nazionalismi dei singoli Stati, mentre altri come al trasferimento a organismi superiori (tipo UE) della sovranità dei vari Paesi. Alla fine tutti vogliono una maggiore sovranità: cambia solo il soggetto che si vuole la pratichi. L'UE ha dimostrato di non essere in grado di esercitare degnamente questo potere sui popoli europei: per questo deve essere rivista in modo radicale, con nuovi accordi che coinvolgano tutti i Paesi membri. Occorrono saldi accordi plurilaterali in cui sia garantito l’equilibrio e in cui si mettano al bando quelle forme di predominio dei pochi sui tanti, che oggi allontanano moltissimo l'Unione dai principi di democrazia e di identità di cui essa si vanta. In quest’ottica l'accordo di Aquisgrana è lascia molto perplessi. Sono i potentati stessi a non credere all'UE; se quest’ultima sapesse davvero unire, non ci sarebbe bisogno di un accordo come quello, che di fatto oltrepassa l'Unione.
- Quindi esiste un asse franco-tedesco alla guida dell'UE? Esso produce effetti sulle politiche industriali?
- Certo, esiste da sempre o almeno dal baratto di Mitterand con Kohl, tra il sostegno ai costi dell'unificazione delle due Germanie, a carico della Comunità Europea, con la scelta da parte della Germania dell'abbandono del marco.
- Si può difendere il Made in Italy con l'attuale Unione Europea in un mondo globalizzato?
- Il direttorio franco-tedesco condiziona ogni spazio economico in tutti i Paesi membri. Il sogno europeo è stato infranto perché Germania e Francia conducono una politica a loro uso e consumo. Non può esistere una forma di predominio a tutto campo per dettare regole e scelte economiche che premiano solo due Stati: perciò difendere la manifattura italiana è difficilissimo.
- La sfiducia degli europei cresce costantemente: ciò è dovuto agli effetti della moneta unica oppure a una classe politica distante dalle esigenze dei cittadini?
- Si tratta di un’azione combinata. La moneta unica, che doveva essere il complemento finale dell'Unione, è diventata il mezzo per giungere alla sua formazione. Oggi, l’UE si regge su scelte coercitive che non partono dal basso: da questo approccio nascono i disastri attuali.
- Com’è possibile che ogni anno l'Italia restituisca centinaia di migliaia di euro perché non è in grado di spendere le risorse che le vengono affidate?
- I fattori che determinano questa situazione sono molteplici. La struttura delle aziende italiane incontra difficoltà tecniche. La maggior parte delle imprese è medio-piccola, quindi con troppo poco personale per poter accedere ai bandi, i quali sono eccessivamente complessi e articolati. A questo aggiungiamo una classe dirigente e amministrativa che spesso non è all'altezza. Ed ecco allora servita la beffa: siamo un Paese contributore netto che all'Unione versa più di quello che riceve e che poi vede questi fondi ridistribuiti ad altri Stati.
- Numerosi premi Nobel hanno affermato che per alcuni Stati il ritorno alla moneta nazionale non sarebbe impossibile e anzi sarebbe utile. Che cosa ne pensa?
- Penso che queste elezioni abbiano un’importanza unica: i cittadini potranno indicare quale Unione Europea vogliono. Possono fare chiarezza una volta per tutte. Mi auguro che l'Istituzione possa finalmente riavvicinarsi alle esigenze dell'economia reale. La rigidità monetaria non aiuta l'Unione, ma se vi sarà una riforma radicale che metta la moneta unica al servizio dell’economia - e non viceversa come oggi - allora l'Unione prospererà.
- La politica estera europea è troppo appiattita verso gli Stati Uniti? Come valuta la riconferma delle sanzioni alla Russia?
- Le sanzioni contro la Russia si sono tramutate in un boomerang contro la nostra stessa economia: a livello continentale non siamo stati in grado di compensare i danni subiti con la perdita del nostro mercato naturale che è la Federazione Russa. D'altra parte l'Europa non ha una sua politica estera vera, ma di fronte alle problematiche agisce sempre in modo passivo subendo le scelte dei "grandi". Certamente negli ultimi anni il rapporto con gli Usa è cambiato per motivi geopolitici: attualmente il presidente americano non è in accordo col direttorio franco-tedesco, quindi non c’è più la sudditanza di una volta. Comunque l'Unione deve ancora imparare a cooperare con gli Stati terzi, promuovendo collaborazioni politiche e commerciali dai cui trarre il maggior beneficio possibile per i cittadini.
Di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia