Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
09 novembre 2011

Il default è politico non economico. E soprattutto è europeo e non solo italiano e greco

Il default è politico non economico. E soprattutto è europeo e non solo italiano e greco, E' questa l'unica risposta che può essere data al disastro finanziario al quale stiamo assistendo. Uno spettacolo indecoroso perchè i nostri rappresentanti politici e sindacali assomigliano molto di più a dei semplici spettatori, abdicando quel ruolo di unici detentori del potere di compiere scelte. 

Tolto dal campo il fattore Berlusconi (chi si nasconde dietro di lui gioca solo con la crisi per non assumersi le proprie responsabilità) i mercati non solo non si sono ripresi, ma paiono essere caduti all'interno di un buco nero di tali dimensioni che neppure il capitano Kirk riuscirebbe a salvare il salvabile. La realtà dei fatti è che l'Europa sta dimostrando tutta la sua debolezza politica: figlia di un sistema elettorale che pone i suoi eletti distanti anni luce dagli elettori, oggi si perde in dichiarazioni e smentite goffe che, in un momento di speculazione, non fanno altro che gettare nel panico i mercati.

Proprio in queste ore la Merkel ha dimostrato tutta la sua inettitudine, continuando ad intervenire a gamba tesa contro l'Italia e non accorgendosi che così facendo sgambettava l'Ue. Un interventismo ispirato più agli egoismi legati al futuro del suo Paese piuttosto che a quella solidarietà che dovrebbe stare alla base di una sana unione di Stati. Oggi prevalgono i nazionalismi esasperati e con essi come già detto i singoli egoismi patriottici. Fin quando in Europa filava tutto liscio e l'economia viaggiava, tutti a darsi pacche sulle spalle (si pensi al vertice di Pratica di Mare), oggi ogni leader nazionale a puntare il dito contro l'altro. Anzi, ancor peggio, a gettare dubbi (poi smentiti come ha dovuto fare oggi la stessa Merkel nell'imbarazzo internazionale) sugli Stati membri più in affanno.

Invece di far parlare il presidente della Commissione Europea, sono i leader nazionali a intervenire. E questo è inaccettabile, perchè sta riportando l'Europa all'inizio del secolo scorso: dove ognui attore faceva per sè. Che fine hanno fatto i rappresentanti del parlamento Europeo? Gli unici legittimati a poter intervenire in questa crisi? I leader del Ppe, Pse, ecc. si sono volatilizzati: lasciando ai singoli Stati di pagare per le proprie scelte sbagliate. Prima fra tutte quella di non cacciare un certo Trichet che per mesi ha sostenuto il costo dell'Euro a tutti i costi non accorgendosi che così facendo l'Europa non esportava più, che la recessione e deflazione stava serpeggiando negli Stati più deboli (Grecia, Portogallo, Italia, Francia) e favorendo indirettamente i diretti concorrenti Usa e Cina, in un momento nel quale un banchiere con gli attributi avrebbe dato il morso decisivo per finirli. 

Ma d'altra parte che l'Ue sia ormai un ammasso di burocrati e solo più il simulacro di quell'Unione che avrebbe dovuto fare da contraltare ai grandi potenti della terra è dimostrato anche dall'ultima direttiva scandalo che ha iniziato il suo iter di approvazione europea, quella cioè sulle fonti energetiche. Un atto che prevede l'innalzamento obbligatorio dell'accisa minima che oggi grava sui carburanti. Una direttiva che secondo quanto riportato in una tabella allegata, porterebbe la benzina a 1,531 euro al litro (-0,2%); il gasolio a 1,674 (+17,5%), il gpl a 1,153 (+45,8%) e il metano a 1,616 euro a metro cubo (+81,6%). Una decisione shock per le famiglie italiane ed europee che si troverebbero a veder raddoppiate le bollette del riscaldamento, in un momento di caduta dei consumi, ma ancor di più una decisione schizofrenica che cozza con la volontà di investire sulle energie rinnovabili. E questa è solo l'ultima in ordine di tempo delle direttive folli e senza senso di un Ue che sembra aver perso la bussola e il senso della realtà: ricordiamo la Bolkestein, o quella sulle Quote Latte. 

Insomma in questo momento si nota tutto il deficit politico europeo. Un deficit causato in primo luogo da un sistema elettorale che porta gli elettori a votare per i partiti nazionali e non invece per un partito e una coalizione che chiarisca sin dall'inizio il proprio programma di governo. Ma in secondo luogo un default figlio anche dall'assoluta assenza di statisti tra i rappresentanti dei vari governi. Una situazione insostenibile, perchè quella che viviamo oggi meriterebbe attori di ben altro spessore. 

Il tragico rischio è però che in una situazione del genere l'Italia resti con il cerino in mano, cenerentola come sempre d'Europa, ma ahimè  vittima di una favola in questo caso senza lieto fine. Perchè ancor di più che dopo l'XI settembre qui è in gioco il nostro futuro. Il potere d'acquisto della moneta è ai minimi storici, il costo delle materie prime continua a lievitare, la disoccupazione avanza come fece la peste nel Medioevo. Di fronte a questo panorama ci vorrebbero scelte di rottura che però necessitano di un grande senso di responsabilità e dello Stato.

Quel senso di responsabilità e dello Stato che se è mancato a Berlusconi, come dicono i suoi detrattori, in questi ultimi anni sicuramente non è che sia nel dna dei suoi oppositori: i quali pur di disarcionarlo hanno sputato sul proprio Paese nelle loro dichiarazioni ai media internazionali.  Un senso di responsabilità e dello Stato che latita anche negli altri premier europei e che rischia questo sì, di portare al default l'Eu con tutti i suoi sogni di gloria.

di Marco Fontana

 

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