Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
10 gennaio 2012

Ora con Mario Monti il canone rai rischia di tramutarsi per sempre in una tassa

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Antonio Catricalà parlando a Porta a Porta del futuro della Rai ha promesso "una riforma del canone per pagare meno ma pagare tutti". Una dichiarazione che in linea di principio pare equa ma che nella pratica rischia di tradursi in una nuova tassa/accisa che gli italiani non potranno più togliersi per il resto dei loro giorni.

Infatti a fronte di una evasione che attualmente si aggira attorno al 38% (in alcune regioni si raggiungono punte dell'87%) e ad ammanchi che il direttore generale della Rai quantifica in 640milioni di euro per le casse dell'azienda, è chiaro che il Governo Monti, primo della classe per abilità a prelevare denari dalle tasche dei contribuenti, abbia in mente di inserire il 'tributo' all'interno di qualche spesa obbligatoria per i cittadini: non stupirebbe per esempio che essa venisse inserita come accisa all'interno dei costi fissi della bolletta dell'elettricità o del telefono. Un modo sicuramente efficace per fare cassa ma che metterebbe una volta per tutte la parola fine alla speranza che nutriva fino ad oggi la maggioranza degli italiani: cioè quella di non dover più pagare per un servizio pubblico inefficiente. 

La cosa incomprensibile è perchè tutte le altre tv private riescano a sopravvivere con gli introiti provenienti dagli spazi pubblicitari e dagli eventuali canoni liberi (vedesi le emittenti payperview) e invece la rai debba continuare a sopravvivere sulle spalle dei contribuenti.

E' aberrante aver sentito Mario Monti, ospite da Fabio Fazio, definire la Rai "una forza del panorama civile e culturale italiano". Una vera e propria forzatura, simbolo della piaggeria che da mesi pervade tutto l'operato dell'attuale Governo. La Rai ha introiti pubblicitari ridotti e non riesce a sopravvivere nonostante i cospicui introiti del canone per la pletora di lacchè politici che deve stipendiare, per un palinsesto indecente, per trasmissioni dall'indice di faziosità pari solo ai dati auditel (nei tempi migliori) del Festival di Sanremo, per un livello culturale delle trasmissioni che rasenta l'analfabetismo di ritorno, per una smaniosa concorrenza verso la tv generalista e spogliarellista. Ma d'altra parte laddove si permette, in modo impenitente, a persone quali la Simona Ventura di definire culturale una trasmissione come l'Isola dei Famosi si comprende come si sia raggiunto un punto di non ritorno.

Monti e Catricalà farebbero meglio ad occuparsi di questo declino del servizio pubblico e di porsi una domanda: è ancora utile una tv pubblica pagata dai contribuenti in un libero mercato televisivo quale quello aperto con il digitale terrestre? Ma soprattutto vista la tassazione selvaggia con la quale hanno scaricato sugli italiani la mala gestio della cosa pubblica italiana di questi ultimi 70anni, non sarebbe opportuno, almeno per quanto riguarda la televisione, lasciare la libertà di scelta ai cittadini se pagare o meno un canone e scegliere a quale operatore abbonarsi?

di Marco Fontana

 

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