Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
23 maggio 2012

Fassino celebra il matrimonio dell'ex brigatista. Cresce la rabbia dei familiari

Sono allibita. Non so cos’altro dire». Non parla, Myrna Coggiola, ma i suoi occhi faticano a non cedere al pianto, si muovono smarriti. È sconvolta, la vedova di Piero Coggiola, capofficina Lancia, morto dissanguato da tredici colpi sparati alle gambe da un commando delle Brigate rosse che lo aspettava sotto casa, il 28 settembre 1978. In mezz’ora riuscirà soltanto a dire un’altra frase: «Spero che il sindaco ci ripensi. Me lo auguro con tutto il cuore, perché non è giusto».

Da quasi 34 anni convive con un dolore che non si rimargina e una ferita che ogni tanto si riapre. Quando ha saputo che Piero Fassino ha accettato di sposare Nicola D’Amore, l’uomo accusato di aver sparato a suo marito, non ha retto alla disperazione. «È stata una cosa tremenda». Myrna e Antonella Coggiola ci sperano ancora: «Se il sindaco ha una coscienza mi auguro cambi idea», dice la figlia del capofficina. «Altrimenti credo che dopo questo gesto, che considero un’offesa alla memoria di mio papà, farebbe bene a non partecipare più a iniziative in ricordo delle vittime del terrorismo in presenza mia e di mia madre».

Ha il volto pietrificato dalla rabbia, Antonella. «Dolore, sconcerto, amarezza. Non ho mai coltivato desiderio di vendetta né pensato che queste persone non abbiano il diritto di reinserirsi nella società una volta pagato il loro debito con la giustizia. Però perché così? Perché doverlo annunciare pubblicamente e perché noi famigliari veniamo sempre messi da parte?». C’è sconcerto, la famiglia Coggiola non se l’aspettava: «In una città come Torino... Certo, il sindaco è libero di sposare chi crede, ma siamo sconcertati perché un anno fa, consegnando la medaglia d’oro al valore civile alla memoria di mio papà, aveva rivelato di essere stato il primo ad accorrere in ospedale dopo l’agguato. Quel giorno mi sembrava sincero, partecipe del nostro dolore; e allora perché ora sposa l’assassino di mio padre?».

Anche l’associazione italiana vittime del terrorismo ieri è intervenuta: «Noi chiediamo solo giustizia e verità», spiega Dante Notaristefano, il presidente. «E lo chiediamo perché spesso ci troviamo di fronte alla sovraesposizione dei protagonisti del terrorismo e al contestuale oblio delle vittime. Nessuno nega il diritto a reinserirsi, però ci vorrebbe più moderazione, discrezione, come ha ricordato anche il presidente della Repubblica». Invece, aggiunge Notaristefano, «mentre qualunque cittadino difficilmente riuscirebbe a farsi sposare dal sindaco, questa persona ci riuscirà».

di Andrea Rossi - La Stampa

 

Commenti
Non ci sono commenti a questo post