Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
10 agosto 2012

Lo sconcerto di Martelli sui parlamentari in visita al boss mafioso.

«Sono sconcertato. Certo, fino a prova contraria credo nella buona fede di Lumia e della Alfano. Ma, allo stesso tempo, temo che questa loro iniziativa possa creare un pericoloso precedente». Un precedente «che in futuro può generare mille abusi».
A Claudio Martelli, 69 anni, ministro di Grazia e Giustizia dal 1991 al 1993, il «tour» tra i superboss di Giuseppe Lumia e Sonia Alfano non è piaciuto affatto. Perché, spiega, «la legge che consente ai parlamentari di entrare nelle carceri ha altri obiettivi. Hanno la facoltà di controllare le condizioni in cui vivono i detenuti, il rispetto della loro dignità, al limite verificare se c'è un ravvedimento che può portarli alla grazia. Non sostituirsi agli inquirenti o, com'è capitato a Lumia e Alfano, dare l'impressione di farlo».

Pensa che il senatore del Pd e l'europarlamentare dell'Idv abbiano violato la legge?

«Penso che il loro comportamento sia stato al limite della legge. E temo che, in futuro, questa storia possa generare mille abusi. Un parlamentare che entra in carcere per visitare un detenuto non può muoversi dando l'impressione di influenzarne la condotta. Né può comportarsi come se stesse interferendo nelle indagini o, peggio, nel giudizio».

Lumia e Alfano l'hanno fatto?
«Ripeto. Fino a prova contraria credo nella loro buona fede. Ma questa loro mossa m'ha sconcertato».

Che cosa pensa delle parole di Provenzano?
«Di Provenzano viene fuori l'immagine buonista dell'uomo che pensa ai figli. Quanto ai messaggi che dà, credo che escludano il pentimento».

Da guardasigilli come si sarebbe comportato?
«La precisazione del ministro Severino denota un comportamento corretto ed equilibrato. E pensi che a me capitò un caso analogo. In cui, però, ero io uno dei protagonisti...».

Quale?
«Cossiga voleva concedere la grazia a Renato Curcio. E io andai in carcere a verificare il ravvedimento dello storico capo delle Br. Che, però, poi scrisse un "papello" in cui rivendicava la lotta armata. La mia relazione, quindi, fu contraria al provvedimento di clemenza. L'allora capo dello Stato, però, non si arrese. E mi fece mandare a Maiorca, dov'ero in vacanza, cinque decreti di grazia già firmati. Come a dire, "scegli tu la motivazione, ma controfirma". Non lo feci, scegliendo di rivolgermi alla Consulta. Che diede ragione a me».

di Tommaso Labate - da Il Corriere della Sera

 

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