Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
14 agosto 2012

Il Boom del debito pubblico. Monti, da Cincinnato a Richelieu italiano

Doveva riportare al boom dell'Italia e invece Mario Monti verrà ricordato per essere il regista del boom del debito pubblico.

A giugno infatti l’indebitamento dell’Italia ha toccato un nuovo record storico portandosi a quota 1.972,940 miliardi. Fanno 6,6 miliardi in più rispetto a maggio e un aumento di 23 miliardi da aprile a giugno. I numeri non li hanno resi noti i megafoni della propaganda berlusconiana ma la Banca d’Italia nel suo Supplemento al Bollettino statistico dedicato alla Finanza pubblica, che mensilmente tiene il conto delle entrate e delle uscite dalle casse dello Stato.

Di fronte a questo dato non si può che inorridire per l'incapacità, dimostrata sul campo, da parte di un governo tecnico fatto di economisti e professoroni universitari che numeri alla mano non potrebbe neppure essere rimandato a settembre, ma andrebbe bocciato e basta. Un Governo  che non è assolutamente all'altezza non solo di raddrizzare la rotta di questo Paese, mandato che gli era stato affidato dall'Ue più che dall'Italia, ma neppure di gestire l'ordinaria amministrazione basti pensare la vicenda dell'Ilva o dei marò.

Ormai i dati negativi si susseguono: dall'Europa ci fanno sapere che la disoccupazione nel Belpaese si attesterà sull'11% per almeno un altro biennio, che il Pil è sceso a -2,1% e potrebbe peggiorare il prossimo anno e che non è esclusa una nuova finanziaria per raddrizzare i conti. Una finanziaria che non c'è neppure da pensarci sarà composta da nuvoe tasse: d'altra parte l'unico "successo" che possono vantare i Maestrini del Governo Monti è proprio l'aumento dell'entrare fiscali 180,159 miliardi di euro, in crescita comunque solo del 2,08% alla faccia della lotta all'evasione fiscale. Una cifra ben inteso ben più bassa delle aspettative visto che la pressione fiscale è cresciuta del 5%.

Con numeri di questo tipo si comprende l'insofferenza delle ultime settimane di Mario Monti che chiamato per salvare la Patria, dai lobbisti italiani e europei, si trova ora a dover vendere cara la pelle. Ormai non perde occasione di dismettere le vesti di tecnico per entrare a gamba tese sulla politica: dimenticandosi che il suo ruolo dovrebbe essere quello di un Cincinnato e che invece si sta tramutando sempre di più in un Richelieu. Un atteggiamento che ci fa comprendere come ormai si sia calato bene nel ruolo di senatore a vita e che ci garantisce per gli anni a venire e nel proseguo della sua vita da pensionato d'oro del Senato della Repubblica delle belle performance quando anche la sua esperienza da presidente del Consiglio si spera venga archiviata definitivamente come il solito fallimento.

Il dramma è assistere al silenzio assordante della politica. I partiti sono allo sbando e sfascio, senza idee nè dignità. Pur di non assumersi la responsabilità personale di prendere per mano questo Paese lasciano l'Italia in mano ad un gerarca senza spina dorsale, se non quella dettata dai cliché dei poteri forti che lo sostengono. Non importa se delle promesse da lui fatte non una sia stata mantenuta: non l'aumento del 12% del Pil grazie al DDL Sviluppo, non un aumento dell'Occupazione grazie alla Riforma del Lavoro; non una diminuzione del debito pubblico con l'aumento dell'imposizione fiscale e la riforma pensionistica. Non importa che le Province non siano state ancora soppresse, che il decreto di Amato sui tagli alla politica continui puntualmente ad essere posticipato ormai da due mesi, che non vi sia traccia degli aiuti ai giovani millantati a maggior da Monti dalla platea del Forum nazionale dei Giovani, che lo scudo anti-spread stia naufragando con il ricorso della Germania contro l'Ue e che si stia assistendo alla dismissione a prezzi ridicoli del patrimonio immobiliare italiano.

La politica è asfittica, impaurita, agonizzante. E con essa lo sono i milioni di famiglie italiane che arrancano per arrivare alla fine del mese: loro sì facendo quei conti da buona massaia per tirare a campare. Quei conti da economia domestica che si insegnava un tempo ma di cui nè i nostri leader di partito nè i professoroni bocconiani ne rammentano le lezioni. 

di Marco Fontana

 

 

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