Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
27 febbraio 2013

Dallo shock al caos, la depressione post-voto colpisce l’Italia

Post-voto, scocca l’ora del big-bang nella politica italiana. È un’Italia dalle mille facce quella reduce dal voto per il rinnovo del Parlamento. Durante il travagliato spoglio, ultimato solo a tarda notte, si è passati dallo shock per la rimonta interrotta della coalizione berlusconiana a quello per l’exploit di dimensioni inaudite del movimento di Grillo, e infine al caos dell’ingovernabilità.

Con questi risultati, l’Italia mostra il lato più debole, quello di un elettorato profondamente lacerato al suo interno, dopo anni d’inettitudine e di superficialità dimostrati dai partiti storici di massa. Rispetto al 2008 “scompaiono” dai tre schieramenti (centrodestra, centrosinistra e centro) 11,3 milioni di voti: un’emorragia di consensi impressionante, che fa tremare le vene ai vari leader, soprattutto a Bersani, guida del centrosinistra, che aveva già vinto e che invece esce con le ossa rotte.

A due mesi dalle elezioni tutti i sondaggisti lo accreditavano al 40%, un dato favorevole ma effimero, perché causato dalla sovraesposizione mediatica delle primarie all’interno del centrosinistra. Era un consenso ottenuto più che altro per mancanza di concorrenza: in particolare per il silenzio di quel centrodestra che era stato per oltre un anno il gigante dormiente della politica italiana. Quel 40% si è invece tramutato per Bersani in un pugno di mosche: alla Camera dei Deputati ha sì la maggioranza (grazie al “Porcellum”, la legge elettorale il cui soprannome dice tutto) ma senza aver raggiunto neanche il 30% dei voti, venendo superati come primo partito dalla rivelazione di queste elezioni: il movimento del comico genovese Beppe Grillo.

Al Senato, Bersani può contare sulla maggioranza relativa, ma non su quella assoluta, a meno di aprire a un governo di larghe intese. Una sconfitta epocale, pari solo a quella del 1994, quando Berlusconi abbatté la “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, il leader di quella sinistra che anche allora dava per scontata la vittoria. Berlusconi, dal canto suo, in appena un mese di campagna elettorale ha fatto un mezzo miracolo, rivitalizzando il proprio partito e conducendolo a una rimonta impensabile.

Alla Camera sono solo 120mila i voti che lo dividono dalle sinistre; al Senato, aggiudicandosi le Regioni-chiave, si è portato a una differenza di soli 3 senatori (117 scranni contro 120). Anche Berlusconi però ha di che riflettere: alla Camera, il Pdl è passato dai 13.629.464 voti del 2008 ai 7.332.121 di oggi; al Senato erano 12.511.258 e diventano 6.829.135. Quasi un dimezzamento. Qualcosa quindi si è rotto, e non sarà una questione da poco la scelta di costruire una successione giovane ma capace. Un politico si deve misurare nel lungo periodo, non solo nel medio termine, tanto meno nello spazio di una campagna elettorale (come è sempre capitato a Berlusconi): le elezioni durano un battito di ciglia, il governo invece lavora per cinque anni.

Un capitolo a parte merita la coalizione di Monti. Il premier uscente, cooptato dai poteri forti della finanza internazionale, dai “salotti buoni” ma molto riservati del Bilderberg e della Trilaterale, e sostenuto con tutte le forze dai tecnocrati europei (in particolare quelli tedeschi) ha raggiunto a stento il 9% al Senato, raccogliendo una manciata di seggi. Una secca bocciatura. Il suo abbraccio mortale ha portato non solo alla sua stessa stroncatura politica, ma anche a quella di Gianfranco Fini, presidente uscente della Camera dei Deputati, e di Pier Ferdinando Casini, leader degli eredi della Democrazia Cristiana (-70% di voti). A meno di ripescaggi in salsa italica, questi ultimi due sono i più grandi sconfitti di queste elezioni.

Il Movimento Cinque Stelle di Grillo, la rivelazione di questa tornata elettorale con il 25,5%, principalmente voto di protesta, si prepara a fare da spettatore ai funambolismi degli altri partiti per la composizione del nuovo governo. Senza un programma particolareggiato, senza ideologie alle spalle (tranne forse la vena antieuropeista) e nato come movimento spontaneo nella Rete, rimane comunque il vero punto di domanda di queste elezioni. Quale valore aggiunto darà al Parlamento? Certamente non quello dei mercati finanziari, scossi dalla paura di un’uscita dell’Italia dall’UE. A esito elettorale raggiunto, lo spread è schizzato a 350 (circa 60 punti in più di ieri) e alcuni titoli della Borsa di Milano sono stati già bloccati per eccesso di ribasso. Movimenti figli sì della speculazione ma anche di un caos politico difficilmente immaginabile fino a due giorni fa in Italia.

di Marco Fontana - Pubblicato su La Voce della Russia

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