Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
29 maggio 2013

L’Italia e il male della (in)giustizia

Per un Paese che scricchiola a livello economico e sociale, potrà non apparire come una priorità: non per questo, però, la questione della giustizia può essere semplicisticamente derubricata a problema minore.

Anche se il vizio c’è, eccome se c’è: finché un cittadino non si trova a doverlo vivere sulla propria pelle in un’aula di tribunale, il problema non si percepisce; e poi perché chiunque si avventuri su questo argomento sembra dover per forza parteggiare per l’una o l’altra coalizione politica, o almeno così è stato negli ultimi vent’anni.

Tuttavia, non è questo la tendenza che dovrebbe caratterizzare la vita sociale e politica del nostro Paese.

In primo luogo, perché proprio sulla giustizia si misura il livello di civiltà di un popolo. Una giustizia che si mostra imparziale ed efficiente soltanto a singhiozzo, una giustizia che non sempre segue i principi da essa stessa fissati e che non sia distante da commistioni col potere esecutivo e legislativo, non può che chiamarsi ingiustizia.

In secondo luogo perché una nazione dove vi sia questa (in)giustizia allontana gli investimenti dall’estero, spinge fuori dal confine il tessuto produttivo sano, incentiva la fuga dei talenti e incrina definitivamente la fiducia dei cittadini nelle Istituzioni.

Alcuni esempi chiariscono questo pensiero. È proprio di qualche giorno fa il caso di Simone Moreira, brasiliana, che aveva gettato la propria bambina nelle acque del fiume Monticano, nel Trevigiano. Il corpicino era stato ripescato privo di vita. In primo grado, la donna era stata condannata a dieci anni per abbandono di minore, aggravato dalla morte della figlia. Oggi, invece, la Corte d’Appello ha drasticamente ridimensionato la pena, nonostante la richiesta di ergastolo da parte della Procura, senza rilevanti elementi a discolpa dell’accaduto.

A Modena, nel 1998, la polizia aveva portato via ai coniugi Covezzi i loro quattro figli. Erano accusati di violenza su questi ultimi. Recentemente, la corte di Appello li ha assolti perché innocenti. Le accuse si basavano solo sulle testimonianze degli stessi figli, che soltanto oggi si è verificato essere stati irrimediabilmente condizionati da psicologi e giudici, tanto da indurre i bimbi a non distinguere più tra realtà e fantasia. Chi restituirà a questi genitori la loro dignità e i quindici anni vissuti come pedofili?

A Guidonia, nel 2009, fu stuprata una ragazza; cinque giorni dopo l’aggressione, i carabinieri arrestarono i presunti autori e i complici che ne avevano favorito la fuga. C’erano le confessioni: uno di loro raccontò che che avevano già provato poche ore prima ad aggredire un’altra coppia. C’erano le prove: alla ragazza portarono via il cellulare, col quale uno dei criminali aveva poi fatto una telefonata. Il pm dimenticò di chiedere il rinvio a giudizio e il caso cadde nel vuoto. Quel pubblico ministero fu perseguito? Assolutamente no, visto che il Csm, l’organo autonomo preposto dalla Costituzione a sanzionare chi sbaglia, non ha mai irrogato sanzioni disciplinari ai rappresentati della Giustizia.

Michele Tedesco, imprenditore pugliese regolarmente iscritto alla Camera di Commercio di Bari, è la vittima di un terribile errore giudiziario che ha completamente stravolto la sua vita. Era il 18 Luglio 1997 quando alle cinque del mattino i Carabinieri della Caserma di Altamura bussavano alla sua porta per notificargli un’ordinanza di custodia cautelare. Venivano a lui contestate l’acquisto, il possesso, la vendita e la distribuzione di diverse sostanze stupefacenti sia in campo nazionale che internazionale. Sono occorsi quasi un mese di arresti in cella d’isolamento, quattro mesi ai domiciliari, due anni di obbligo di non espatriare e nove anni di processo affinché la Corte di Assise adottasse una sentenza di assoluzione dell’imputato con ampia formula di merito. Anche in questo caso possiamo parlare di giustizia?

Di casi come questi ce ne sono a centinaia ogni anno. Non è un caso che in Italia sia stata addirittura costituita un’associazione, l’Aivm, che riunisce le vittime dei casi di malagiustizia. Casi dove spesso le persone coinvolte stanno ancora aspettando i risarcimenti dello Stato. Proprio partendo da questi esempi si deve rimettere al centro del dibattito politico una riforma della Giustizia reale e compiuta. Quelli elencati sono i casi meno noti: sicuramente gli omicidi di Garlasco e di Perugia, dove la Cassazione ha cancellato quanto fatto dalle Corti d’Appello, sono quelli più celebri per la cronaca internazionale. In questi due casi, dopo anni di atti e udienze, l’Alta Corte ha rimandato indietro il processo dopo il proscioglimento degli imputati, seppure avvenuto con formula piena. Una situazione paradossale che mette in dubbio il sacrosanto principio del ne bis in idem. Insomma l’(in)giustizia in Italia esiste e non può essere accantonata solo perché comoda a nascondere i propri insuccessi politici.

di Marco Fontana - pubblicato da LA VOCE DELLA RUSSIA

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