Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
17 luglio 2013

Qui Italia, benvenuti allo zoo delle volgarità

Io mi consolo quando navigo in Internet e vedo le fotografie del Governo. Amo gli animali, orsi e lupi com’è noto, ma quando vedo le immagini della Kyenge (ministro dell’Integrazione) non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di un orango.

Queste le gravi parole pronunciate dall’esponente leghista Roberto Calderoli, davanti a 1.500 persone, durante un comizio del suo partito, e che stanno facendo il giro del mondo offrendo per l’ennesima volta un’immagine tutt’altri che edificante della politica italiana. A questo attacco rozzo e volgare va aggiunta poi la difesa d’ufficio razzista dell’assessore veneto ai Flussi Migratori, Daniele Stival, che scrive sulla sua pagina Facebook che quella di Calderoli “è una frase offensiva sì, ma per l’orango”. Per rimanere in tema, rileggendo queste frasi possiamo solo dire che ormai nel Parlamento italiano hanno aperto lo zoo.

In questa degenerazione totale del dibattito politico italiano sta tutta la debolezza della classe dirigente del Belpaese. Il confronto interno ormai si muove con pervicace insistenza sull’onda dell’insulto, dell’attacco personale e dell’affronto reciproco a suon di querele. Insomma a chi “la spara più grossa” e riesce, per la sua manifesta cafonaggine, ad ottenere il titolo più in vista sui quotidiani. In un sistema del genere i media hanno giocato e continuano a giocare un ruolo da protagonisti: da anni infatti “offrono asilo” alla rissa più volentieri che non ai contenuti, quando si tratta di parlare di politica. Una scelta che li rende più “giornalai” (con tutto rispetto per la categoria) che non giornalisti. Invece cioè di contribuire a responsabilizzare la classe politica, laddove di responsabile c’era già poco, hanno preferito deviare sul gossip delle stanze dei bottoni e dei tribunali, alimentando ancor di più in questo modo il fuoco di fila tra i campi avversi. Una modalità di fare “giornalismo” che abdica totalmente al ruolo di “quarto potere” responsabile, che ci si aspetterebbe in un momento di difficoltà del Paese. È veramente desolante assistere impotenti mentre i principali quotidiani si adeguano all’imbarbarimento di Montecitorio e dintorni, pur di vendere qualche copia in più.

L’Italia non è una nazione razzista verso gli stranieri. Non lo è per tradizione e non lo è per cultura. È un Paese che non lo può essere perché è esportatore nel globo di bellezza, di conoscenza e di diversità. Da sempre è laboratorio di idee e di innovazioni che rompono lo status quo. I suoi atenei sono la porta per l’interscambio mondiale del sapere, in particolare quello scientifico e quello letterario. Semmai si può dire che soffre di un razzismo al contrario, perché ha una capacità unica di farsi male da sola. L’autolesionismo che sa produrre infatti è difficilmente riscontrabile in altri Stati del mondo. L’Italia e l’italiano non sanno assolutamente fare quadrato per difendere i propri interessi, la propria storia, le proprie origini: fanno invece tragedie su questioni di minima importanza, mentre accettano con tranquillità le tragedie vere. E proprio in questo sta un peccato difficilmente scusabile. Come diceva Winston Churchill: “Gli Italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre”.

L’attacco di Roberto Calderoli sostanzia tutti questi difetti. Il ministro Kyenge infatti era una dei ministri meno popolari del Governo, considerato dai più il ministro “degli extracomunitari” più che un ministro degli italiani. I suoi proclami e le sue lezioni moralizzatrici erano state stigmatizzate da più parti. Quando disse: Andrebbe abolito il reato dell’immigrazione clandestina" oppure “Gli sbarchi non sono un’emergenza” e infine “L’Italia è un Paese meticcio” sono stati registrati mugugni e malumori anche nel centrosinistra. Il riconoscimento dello ius soli, proposto con forza dal ministro congolese, è già da mesi oggetto di un acceso e aspro dibattito. Insomma esistevano tutti gli argomenti per poter mettere in difficoltà il ministro: l’attacco personale e xenofobo di cui è stata oggetto invece rischia di spostare il dibattito su un fronte diverso, quello delle ideologie. Un confronto che oggi, in un momento storico di larghe intese, non serve a nulla, se si vogliono prendere delle decisioni condivise su temi scottanti per un Paese che è nella sostanza ancora fortemente confessionale.

di Marco Fontana - Pubblicato su La Voce della Russia

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