Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
11 agosto 2011

Cittadelle di carta per una Torino da anni in bolletta

Non vorrei in alcun modo che passasse l’idea che provi un qualche tipo di soddisfazione feticista nel parlare male di Torino. Non è affatto così, anzi. Io amo con tutto il cuore la mia città. Non può che essere così per chiunque sia appassionato di città d’arte, storia e cultura. E Torino è appunto tutto questo: città d’arte, storia e cultura. Un grande pregio questo, perché la rende capace di conservare la memoria di quello che fu, ma anche un imperdonabile difetto visto che la condanna giorno dopo giorno a restare tale: uno statico e depresso monumento di sé stessa.

Non può sfuggire che tale tragico immobilismo sia in gran parte figlio dell’attuale classe dirigente. Una lobby politico-economica stanca, autoreferenziale, dirigista e politicizzata che ormai da oltre vent’anni in solitudine determina con sporadici e disordinati scelte l’oblio di Torino. Un oblio tanto inaccettabile quanto più si pensa al dinamismo, all’inventiva, alla diplomazia che ha caratterizzato Torino nel passato Una città che avrebbe le potenzialità di assurgere a centro di sviluppo socio economico del Paese e dell’Europa e che invece è condannata ad un duraturo coma farmacologico indotto dai cattivi ‘medici’ che la governano.
 
L’ultimo esempio è proprio di oggi. Leggendo la cronaca di alcuni quotidiani del capoluogo piemontese, due neo assessori della Giunta Fassino riescono nello stesso giorno a sfornare l’idea di realizzare a Torino non una bensì due cittadelle, una dei giovani nell’ex Moi, l’altra della cultura a Torino Esposizioni. Due teste, due invenzioni basate sul nulla; probabilmente se i cronisti locali avessero interpellato altri tre membri di giunta ne sarebbero spuntate fuori altrettante. Il problema è proprio questo: la mancanza di una strategia, di un progetto articolato e studiato con i rappresentanti delle categorie sociali, con gli operatori del volontariato e dell’associazionismo. Ormai è una continua boutade estemporanea: utile solo per vendere da un lato un po’ di fumo agli elettori con la sponsorizzazione di “cattedrali nel deserto” e dall’altro al fine di accontentare qualche giornalista amico, in crisi momentanea di scoop per la povertà di notizie dovute al periodo estivo. Insomma idee in libertà, non sorrette da alcun piano economico, né tanto meno da alcuna diligence sulle ricadute occupazionali e di sviluppo economico per il territorio.
 
Il dramma è proprio questo: negli ultimi anni proposte spot come queste sono state poi puntualmente inserite nel bilancio pluriennale delle opere pubbliche di Torino, il libro che dovrebbe disegnare la città dei prossimi cinque dieci anni e che invece è stato tramutato in un libro dei sogni individuali. Un ‘Pinocchio’, messo in scena grazie alla puntuale mancanza endemica di fondi per gli investimenti: con opere traslate di anno in anno per non disattendere gli annunci ai media. Emblemi, tra gli altri, di questa cattiva abitudine sono la biblioteca Bellini e il recupero degli ex terreni Fiat dati in gestione a Tne, un lustro di continui tira e molla; il rifacimento di corso Francia nel tratto compreso tra piazza Bernini a piazza Massaua, con dieci anni di scuse e rimpalli e infine il parcheggio di piazza Barcellona, quindici anni di consigli circoscrizionali aperti, raccolte firme e ping pong istituzionali.
 
Ecco dimostrato il fallimento della classe dirigente di Torino: un gotha che sogna cittadelle, le quali rimarranno solo sulla carta, perché chi ha il potere in mano preferisce tapparsi gli occhi e fare castelli in aria scordando di non vivere nel paese delle fate ma in un Comune in bolletta.
 
di Marco Fontana
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