Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
12 agosto 2011

Torino capitale italiana delle armi. Qualche motivo ci sarà!

 

L’uccisione di un rapinatore da parte di un gioielliere del quartiere San Salvario ha riaperto la discussione nell’opinione pubblica tra favorevoli e contrari all’uso delle armi per difendere la proprietà privata. Ma d’altra parte era scontato che i quotidiani locali, in assenza di una vocazione al Giornalismo con la ‘G maiuscola’, montassero la notizia: magari tentando di mettere in scena l’ennesimo processo giornalistico urlato. Un processo utile per aumentare le copie vendute durante la canicola estiva. La ricetta peraltro è collaudata: fondamentale è trovare un mostro, che sia il rapinatore o il rapinato poco importa; l’importante è gettare qualcuno in pasto ai lettori e ficcarlo in prima pagina.
 
I media locali ci sono riusciti, non limitandosi a pubblicare le foto ma arrivando anche a lanciare una sorta di referendum tra i cittadini torinesi: un referendum per sapere se si è trattato di legittima difesa o meno. Un battage talmente sferzante da portare il gioielliere a dire che cambierà lavoro. È realmente sconcertante che i media siano scesi così in basso con una formula trita e ritrita. Se fosse morto il negoziante i quotidiani avrebbero aperto con lo sdegno civile, invece essendo che il morto è stato uno dei due rapinatori allora ecco innalzare la questione morale della proporzionalità tra difesa e offesa. 
 
Per me esiste solo un onesto lavoratore che si è difeso contro una violenza in armi: poco cambia se contro di lui sono state esposte armi giocattolo visto che in gioco c’era la sua incolumità e a sfavore giocano le poche frazioni di secondo utili per reagire. Quanti commercianti devono ancora morire affinché lo Stato si decida a determinare che loro sono le vittime e non i carnefici? A San Salvario non è la prima volta che negozianti muoiono o rimangono feriti durante una rapina. Perché dover far subire loro ancora l’onta di un processo?  Un processo immancabilmente giusto se a perdere la vita è il rapinatore nullatenente, sempre sommario laddove a sedersi davanti ai togati è il benestante venditore (quando è ancora in vita). Sarò un violento, un antidemocratico ma francamente non ci sarebbe stato alcun morto se i due rapinatori avessero rispettato le leggi e i diritti altrui. Sicuramente così non la penserà la magistratura, che ora farà vedere i sorci verdi al poveraccio che ha aperto il fuoco. Peccato che la bilancia della giustizia penda puntualmente solo da una parte.
 
Un altro dato mi lascia perplesso. Dai servizi giornalistici è emerso che le licenze da difesa a Torino sono 1400, 25mila per la caccia, con un aumento dell’8% rispetto lo scorso anno. Inoltre sarebbero oltre 150mila le armi regolarmente denunciate nell’area metropolitana del capoluogo piemontese. Numeri da record, tanto da decretare Torino come la capitale italiana delle armi.
 
Ora questi dati mi fanno porre due domande: la nostra città è sicura? E soprattutto i cittadini la considerano tale? Credo che i numeri sopraccitati parlino chiaro: Torino è una città dove i torinesi hanno paura di vivere. E d'altra parte le 400 rapine dell'anno scorso, il record italiano di reati denunciati nel 2010 dovrebbero aggiungere altri elementi di riflessione. Ma comunque che questa paura sia motivata o meno importa fino ad un certo punto.
 
Infatti, il principale nodo da sciogliere è un altro: i rappresentanti di centrosinistra da anni si nascondono dietro a statistiche preconfezionate e alla famosa espressione ‘percezione di insicurezza’ per sminuire la questione e non affrontarla. E in questo atteggiamento sta una grave colpa. Uguale per un certo verso a quella visione ottimistica, da sempre denunciata dalle stesse sinistre, e per la quale Berlusconi tende a lanciare in continuazione messaggi ottimistici quando si parla di crisi economica. La percezione invece è un fattore essenziale, soprattutto nel mondo moderno dove la paura di una persona è velocemente trasmettibile agli altri: un elemento che non va in alcun modo sottovalutato perché segnala il polso della situazione e merita risposte, anche laddove fosse frutto di timori infondati.
 
Fin quando non si compirà questo salto di qualità credo che vivremo sempre peggio: in continuo bilico tra l’esasperazione e la paura. E non dimentichiamo una cosa: la crisi rende la gente sempre più povera immettendo forti spinte all’egoismo e all’illegalità nella nostra comunità. 
Commenti
Non ci sono commenti a questo post