Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
13 febbraio 2014

Italia, quando il voto popolare è un optional

In queste ore sono molti in Italia a chiedersi se il voto popolare abbia ancora un senso. Lo domanda sorge dalla constatazione di una drammatica escalation di deflagranti sentenze, che sta scuotendo alle fondamenta l’istituto del voto popolare. La più eclatante, in ordine di tempo, è l’annullamento dell’esito delle ultime elezioni regionali in Piemonte.

Una decisione quanto meno singolare, visto che sanziona, addirittura a quattro anni di distanza dalla consultazione popolare, l’elezione diretta di un Governatore per meri vizi procedurali nella presentazione di una lista. Ripetiamo: l’annullamento non deriva da brogli sulle preferenze politiche dei cittadini, bensì da una guerra combattuta a carte bollate su vizi procedurali che avrebbero dovuto eventualmente essere sanzionati prima delle elezioni, poiché i partiti in lizza passano al vaglio di una commissione e di un Tribunale che hanno il compito di verificare che la loro presentazione sia regolarmente avvenuta.

Questa sentenza costituisce una vera e propria ferita all’istituto del voto: è accettabile che i voti espressi in piena libertà, in modo chiaro e univoco, possano essere cancellati manu iudici? È credibile che un giudice amministrativo possa intervenire sottomettendo il diritto di voto a mere procedure burocratiche, peraltro verificabili prima della consultazione elettorale? Una situazione surreale che meriterebbe approfondimenti seri da parte della Corta Costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, visto che l’esproprio del diritto di voto, causa carte bollate, è l’ultima frontiera di un sistema giudiziario che ci appare fantasioso nelle sue pronunce.

L’annullamento delle elezioni in Piemonte costituisce, però, soltanto la punta dell’iceberg di un potere giudiziario sempre più ingombrante. Sì, ingombrante, perché interviene su scelte che non cozzano con la Carta Costituzionale o con il buon senso, ma agisce su criteri nei quali il grado di soggettività è elevatissimo. Si pensi alle ultime due pronunce che vedono di nuovo protagonista il Tar piemontese: esse hanno di fatto annullato due deliberazioni importanti in tema di trasporti e sanità. Per i trasporti, in particolare, la motivazione per annullare l’atto sembra piuttosto “creativa”: la mancanza di sufficiente concertazione con gli altri attori del trasporto pubblico locale. Ora, chi può determinare in modo oggettivo se vi sia stata un concertazione sufficiente o meno?

Ma i problemi non finiscono qui. La Consulta ha bocciato la legge Fini-Giovanardi, depenalizzando di fatto le droghe leggere. Nonostante la bocciatura della Fini-Giovanardi del 2006 dipenda da ragioni tecnico-formali, cioè dall’inserimento nel testo di emendamenti estranei all’oggetto e alle finalità del decreto (il testo fu approvato all’interno della legge sulle Olimpiadi invernali di Torino), la decisione è di portata storica. Adesso si dovrà tornare alla normativa precedente, cioè alla Craxi-Jervolino-Vassalli del 1990: una legge che era già stata soggetta nel 1993 a un referendum che l’abrogò in parte.

Per comprenderne l’effetto basti pensare che dopo questa pronuncia 24mila detenuti, il 40% del totale, sono reclusi per imputazioni che riguardano una normativa dichiarata illegittima. A chi è in custodia cautelare si applicheranno le norme previste dalla Jervolino-Vassalli, mentre i condannati definitivi potranno richiedere il ricalcolo della pena per incidente di esecuzione. Un caos che creerà nuovo lavoro per un sistema giudiziario afflitto da tempistiche bibliche; un ennesimo scacco matto alle scelte politiche fatte da persone regolarmente elette e che ogni cinque anni, a differenza dei giudici, si presentano davanti agli elettori per un giudizio sul loro operato.

Esempi come quelli citati sono sempre più numerosi. Incredibile lo stop alla vendita all'aperto di frutta e verdura deciso questa settimana dalla Corte di Cassazione: i commercianti sorpresi a esporre le cassette sulla strada rischiano una condanna penale, punita con l'ammenda, per violazione della legge 283/1962, in materia di “disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”.

Il Tribunale di Nola, secondo la Cassazione, ha correttamente affermato che la messa in commercio di frutta all'aperto ed esposta agli agenti inquinanti costituisca una violazione dell'obbligo di assicurare l'idonea conservazione delle sostanze alimentari: nel caso in esame, si ricorda nella sentenza, tre cassette di verdura erano esposte all'aperto e, pertanto, a contatto con agenti atmosferici e gas di scarico dei veicoli in transito. Peccato si parli di mercati rionali, che richiamano migliaia di visitatori in Italia e che peraltro si tengono normalmente in altri Paesi del mondo. Ma la Giustizia, si sa, è bendata e non guarda in faccia nessuno: da un po’ di tempo neppure gli italiani e il loro voto.

di Marco Fontana - pubblicato da La Voce Della Russia

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