Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
30 giugno 2014

Italia, una classe dirigente di cartapesta

Siamo poi così certi che le sfortune dell’Italia siano da addebitare in blocco ai suoi politici? È una domanda che il Paese si deve porre seriamente, se vuole uscire una volta per tutte dalla crisi epocale che l’ammorba con particolare intensità dal 2009. Perché una cosa deve essere chiara: più si analizza a fondo questa crisi, più si comprende come poco o nulla abbia a che vedere con quella internazionale, che sta attanagliando gli altri Stati del mondo.

In Italia a dover essere messo in discussione è un sistema che non regge più. Un sistema, tuttavia, che non ci è stato imposto con la forza o col ricatto da questo o quel partito, ma che è stato avallato da un’intera classe dirigente. È una classe dirigente fatta di cartapesta e che spesso ha tratto grandi benefici personali da questo stato di cose. Dov’erano le associazioni datoriali, le parti sociali, gli ordini professionali, le associazioni dei consumatori, le comunità no profit, i social forum, i corpi militari, mentre la politica perseverava nei suoi sbagli? Quali azioni reali hanno promosso per dare un alt alle scelte dei vari Governi che hanno continuato ad accumulare debito pubblico sulle spalle dei contribuenti? Quegli stessi Governi che poi hanno iniziato a ricevere puntuali declassamenti da parte delle agenzie di rating e a fare figuracce sciagurate per l’immagine del nostro Paese all’estero? Perché, sia chiaro, non è che l’odiata casta ha potuto fare tutto da sola: qualcuno deve averle armato la mano…

A rafforzamento di questa denuncia basti pensare alla debolezza del presidente di Confidustria, Giorgio Squinzi, che in un’intervista al 44esimo convegno dei Giovani imprenditori dell'Associazione ha affermato: Renzi ha un mandato forte, a questo punto deve fare le riforme, non ha più paraventi dove nascondersi. Il Paese ha bisogno di fare le riforme e di eliminare i nodi che hanno impedito lo sviluppo. È il momento delle decisioni: il Paese ha bisogno di cambiare marcia e registro, il problema vero è fare le riforme, ma vanno fatte adesso, subito, nei prossimi mesi, o la possibilità di ripartire e di creare lavoro per i giovani rimarrà una illusione. Tutte belle parole, per carità...ma in sostanza che cosa vogliamo fare? In Parlamento si discute oggi delle modifiche sul Senato e sulla legge elettorale: sono queste le riforme di cui parla il leader dei grandi imprenditori? Oppure parla del “Jobs Act”, che al momento attuale è un immenso cantiere, dopo che dovrebbe essere entrato già in vigore da mesi? Ormai gli auspici non servono a nulla, è invece il tempo nel quale chi rappresenta la forza motrice del Paese, cioè il mondo delle imprese, pretenda che le sue proposte vengano accettate. Anche perché di riforme a costo zero, e Squinzi lo sa bene, l’Italia non se ne fa più nulla. Non è più il tempo di abdicare al proprio ruolo, ma di esercitarlo fino in fondo.

Così cresce la rabbia nel rileggere le dichiarazioni di Squinzi. Il 12 marzo il neo premier prometteva nelle sue famose slide di cambiare il fisco durante i primi 100 giorni e di ridurre alle Pmi (cioè le piccole e medie imprese) il costo dell’energia del 10% entro il primo maggio. Non ci risulta che sia stato fatto nulla del genere. Al contrario: la pressione fiscale è aumentata ancora e l’agenzia Standard & Poor’s ha mantenuto invariati sia il rating sovrano dell'Italia che l’outlook: una situazione che si traduce in mutui costosi per le aziende. E allora sarebbe forse il caso di non limitarsi ai desiderata, ma di iniziare a scendere nel dettaglio delle riforme, non accontentandosi più delle briciole.

Stesso discorso vale per tutte le altre categorie. Si pensi alla notizia che tiene banco in queste ore: l’imposizione da parte del Governo ai liberi professionisti di ricevere pagamenti con il Pos per le spese superiori ai 30 euro. Per la Cgia di Mestre l’obbligo del Pos costerà in media 1.200 euro l’anno. Ma gli artigiani e gli altri rappresentanti delle categorie toccate da questa norma hanno promosso qualche azione concreta? Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, ha commentato: Gli idraulici, i falegnami, gli elettricisti, gli antennisti i manutentori di caldaie, nonché i loro dipendenti, spesso si recano singolarmente presso l’immobile del committente. Questo comporta che ciascun dipendente dovrà essere dotato di un Pos. Chi ha voluto questa legge ha idea di quali costi dovranno sostenere queste aziende?. È l’unico ad essersi espresso; invece tutti gli altri latitano.

D’altra parte non è un caso che ancora oggi, sebbene spiri forte il vento dell’antipolitica, trascorrendo una giornata con i politici si sentano sempre le medesime richiste da parte dei cittadini: che cosa mi dai in cambio? una raccomandazione, un posto di lavoro, una casa popolare per via preferenziale, una consulenza? Alla fine anche la classe dirigente del Paese viene eletta da qualcuno e quel qualcuno, i cittadini, dovrebbe pretendere molto di più rispetto alla salvaguardia del proprio orticello.

di Marco Fontana - Pubblicato da LA VOCE DELLA RUSSIA

 

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