Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
27 gennaio 2015

Kostner, le motivazioni della sentenza aumentano i dubbi sulla sproporzione della pena

La sentenza che ha visto condannare la pattinatrice italiana Carolina Kostner ha lasciato uno strascico di polemiche. L'opinione pubblica si è divisa tra i sostenitori della plurimedagliata, la maggioranza, e i giacobini dell'antidoping a prescindere. In particolare basta farsi "una passeggiata virtuale" nel web per comprendere quanta rabbia abbia sollevato la squalifica della Kostner.

A poche ore dall'uscita delle motivazioni della sentenza è lecito pensare che i dubbi dell'opinione pubblica aumenteranno. Il dispositivo recita: "il Tna ha ritenuto che sul comportamento di Carolina Kostner - si legge - abbiano influito svariati fattori, attenuando il grado di sua colpevolezza. Tra tali elementi il Tna ha dato rilievo al fatto che l'atleta ha agito sulla base di una richiesta della persona che amava, al carattere subitaneo della richiesta, che esigeva una risposta nel giro di pochi secondi, all'assenza di elementi che facciano ritenere che il comportamento dell'atleta sia stato premeditato, al fatto l'atleta si è immediatamente attivata affinché Schwazer si recasse nel luogo in cui poteva essere sottoposto al controllo, e alla circostanza che l'atleta, pur consapevole dell'aiuto all'elusione del controllo, non sapeva che Schwazer faceva uso di sostanze vietate".

A lasciare perplessi sono due passaggi del giudice dove si afferma che la Kostner si sarebbe "immediatamente attivata affinchè Schwarzer si recasse nel luogo in cui poteva essere sottoposto al controllo" e che "non sapeva che Schwarzer faceva uso di sostanze vietate". Insomma come a dire sappiamo che non sapeva, sappiamo che ha cercato di mandarlo a fare i controlli; ma la condanniamo comunque a prescindere.

L'art 2.9, per la quale è stata condannata Carolina Kostner recita che per doping si intende anche: "Fornire assistenza, incoraggiamento e aiuto, istigare, dissimulare o assicurare ogni altro tipo di complicità intenzionale in riferimento a una qualsiasi violazione o tentata violazione delle NSA o violazione dell’art. 4.12.1 da parte di altra persona". Bisognerebbe capire come una persona che, seguendo il ragionamento della sentenza, non sapeva che il fidanzato si stesse doppando e che per di più si adopera anche perchè il medesimo raggiunga il luogo preposto per le analisi possa aver fornito assistenza... Manca peraltro totalmente l'intenzionalità e il dolo: insomma una sentenza che pare avere molto odore politico e assai poco di diritto.

Una motivazione kafkiana che potrebbe delle ombre sul Tribunale Nazionale Antidoping forse un po' eccessivamente alla ricerca di una sentenza esemplare che però finisce per ritorcersi contro visto un sistema probatorio che, proprio dalla motivazione, si evince debole se non inesistente. Insomma un po' un déjà vu della vicenda Pantani che ancora oggi lascia aperti grandi interrogativi e molta amarezza per un campione forse troppo facilmente rottamato dalla magistratura. 

di Marco Fontana

 

 

 

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