L’Italia non è un Paese per giovani
Parafrasiamo il titolo del capolavoro di Cormac McCarthy per riportare un fatto noto da tempo: l’Italia non è un Paese per giovani, e la notizia sta in una delle cause della decrescita demografica che colpisce lo Stivale.
Andrea Lenzi, il nuovo presidente della Società italiana di endocrinologia, ha spiegato gli altri fattori di infertilità:
Nell'uomo nei primi 10 anni di vita le patologie maschili che più danneggiano la fertilità sono il criptorchidismo (ritenzione testicolare), le orchiti e la torsione del funicolo spermatico. Mentre nel periodo puberale (12-14 anni) la fertilità è messa a repentaglio da problemi ormonali e dal varicocele, quest'ultimo può proseguire a danneggiare la fertilità per tutta la vita. Dai 14 ai 20 anni i pericoli per la fertilità dei maschi sono le infezioni genitali e gli stili di vita alterati. Per la donna invece tra i 10 e i 15 anni le patologie peggiori sono i disturbi del comportamento alimentare e le infezioni genitali. Vi sono poi le alterazioni ormonali. Tra i 20 e i 40 anni, le malattie che mettono a rischio la fertilità sono invece principalmente i disturbi ovulatori, l'ovaio policistico, le infezioni genitali, i fibromi.
Il Governo dedicherà ogni anno una giornata alla prevenzione e all'informazione sulle cause di infertilità e sui possibili rimedi. Verranno organizzati importanti eventi formativi per aggiornare i medici sulle ultime novità in argomento. L'obiettivo è modificare la posizione spaventosa che l'Italia occupa nella classifica europea dell'invecchiamento della popolazione: siamo ultimi.
Le problematiche connesse alla bassa natalità sono molteplici. Vi è innanzitutto l'insostenibilità economica del welfare. Senza un'alta percentuale di giovani le nazioni non crescono, non si sviluppano economicamente. Tutti i Paesi emergenti hanno una media di 30/32 anni d'età, mentre noi viaggiamo verso i 45 anni. Facile capire come in queste condizioni l'Italia possa restare al palo per decenni. Le cose cambierebbero se la politica sostenesse la natalità e la famiglia in genere: se si avesse la certezza di ricevere un aiuto da parte dello Stato, il 61% di coppie si dice pronta a fare più figli. Certamente, oltre ai bonus c'è la questione della copertura dei servizi legati all'infanzia. Il 67% delle famiglie denuncia che gli asili nido non sono sufficienti a rispondere alle loro esigenze, mentre le liste di attesa nei Comuni italiani sono chilometriche. La panacea renziana degli 80 euro è stata recentemente bocciata da un'indagine commissionata dal sito lavoce.info (autorevole, perchè era gestita dall'attuale presidente nazionale dell'Inps, Tito Boeri): il taglio fiscale ha infatti avvantaggiato le famiglie con due stipendi rispetto ai nuclei monoreddito, e favorito di più la classe media (50%) di quella povera (32%). Insomma, nel conteggio del bonus non si è calcolato il numero di figli a carico e i numeri di redditi disponibili.
Anche il Papa è intervenuto sull'argomento: Non è un caso che l'indice di povertà salga all'aumentare del numero dei figli: si passa da un 12% per le famiglie senza figli al 15,7% per quelle che ne hanno uno solo, fino a giungere al 28,5% per chi ne ha tre. Certamente i fattori migratori contano, ma è un dato di fatto che rispetto ai nostri principali concorrenti europei vi sia scarsissima attenzione parte del Governo all'argomento degli sgravi fiscali pro-natalità.
"La politica e gli amministratori pubblici fanno poco per la famiglia. Ora più fatti, lo chiede anche la Costituzione italiana. Sono sempre di più gli esempi dove il papà e la mamma hanno perso il lavoro — e questo è duro — e dove i giovani non riescono a trovarlo. Così le famiglie escono provate negli affetti più cari e sono tentate di arrendersi alla solitudine e alla divisione."
Come risposta, i dati Ocse hanno di nuovo elargito una doccia fredda al Premier, che continua a raccontare di un'inesistente Paese uscito dalla crisi: l'Italia è invece fanalino di coda insieme alla Grecia per la disoccupazione giovanile; il tasso di occupazione tra i 15 e i 29 anni è sceso infatti di quasi il 12% negli ultimi sette anni, il secondo peggior dato tra i Paesi Ocse, davanti solamente ad Atene. Per Renzi c'è ancora molto da fare, magari rinunciando a qualche conferenza stampa o a qualche comparsata in TV, per costruire invece delle leggi efficaci in materia, che in fondo basterebbe imitare dando uno sguardo ai nostri cugini d'Oltralpe.