Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
03 luglio 2015

Quei candidati di Renzi: così moralisti, così incandidabili

Ci prende ormai un senso di profondo fastidio, quasi di nausea, guardando alle vicende politiche nostrane.

Se è vero che la Prima Repubblica, in particolare il suo tramonto, si può sintetizzare con la parola "Tangentopoli", se è altrettanto vero che la Seconda Repubblica passerà alla storia con l'espressione spregiativa di "Berlusconismo", la Terza Repubblica, quella inaugurata da Renzi, potrà entrare negli annali con la seguente didascalia: "supponente e falsamente moralizzatrice". Questo è infatti l'unico modo per riassumere le scelte effettuate dal premier italiano e dal suo partito nelle ultime settimane. È una sindrome che colpisce da tempo gran parte della classe politica italiana, con poche eccezioni che confermano la regola: per sedere in Parlamento bisogna mostrarsi falsamente superiori, fare i moralizzatori giustizialisti, possibilmente compulsivi laddove le colpe ricadano sugli avversari. Infine, requisito più importante, bisogna essere incandidabili (o per legge o per opportunità).

Un tale giudizio è basato anzitutto sulla vicenda della candidatura di Vincenzo De Luca: il premier italiano si è finalmente deciso a sospenderlo dalla carica di Governatore della Regione Campania. Ma per il suo intervento era davvero necessario aspettare l'elezione del candidato e l'avvicinarsi della sentenza del Tar che doveva pronunciarsi sull'eleggibilità di quest'ultimo? Ed era forse opportuno candidare una persona che risultava per legge soggetta a sospensione? Tra l'altro, una legge che era stata fortemente voluta anche dal partito di cui Renzi è segretario. Ed essendo una legge non può, in un Paese normale, valere solo al momento del bisogno, che nel caso del PD era la chance di estromettere dal Parlamento Berlusconi, il più temibile dei suoi avversari. D'altra parte, Renzi conosceva la pratica dei due pesi e due misure già nel momento in cui difese i suoi sottosegretari, messi sotto indagine e mai rimossi dai loro incarichi, e durante le ultime elezioni regionali con la candidatura di un indagato a Governatore della Liguria.

Renzi ha trattato la questione con la consueta nonchalance, anzi facendo persino lo stizzito se qualche temerario giornalista sollevava la sgradita domanda. In altri Paesi, per molto meno e spesso per peccati di natura privata, dai le dimissioni e vai a casa. In Italia, invece, si rimane comodomente seduti in cadrega. Ma si sa, qui siamo tutti giacobini con la testa degli altri. E i giornalisti "indipendenti" risultano molto utili alla causa: "La Repubblica" lanciava ogni giorno i quesiti irrisolti sul Rubygate nei confronti dell'ex premier di centrodestra, Berlusconi, ma per qualche insondabile motivo non chiede mai all'attuale primo ministro le ragioni della sua scelta di candidare un condannato. E c'è dell'altro. La scorsa settimana Renzi e il ministro Orlando hanno tentato di inserire come consulente del Ministero di Grazia e Giustizia l'ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri. Pare che la consulenza fosse legata alla necessità di avere il suo aiuto nello stendere la nuova riforma del sistema penitenziario. Ma quali potessero essere i titoli vantati da Sofri per un lavoro di tale responsabilità, non è dato sapere. Sarebbe anche interessante capire perché un ministro tratti argomenti così delicati per telefono. La rivelazione della telefonata è stata fatta proprio dall'ex brigatista, che ha detto di aver dato la sua disponibilità proprio via telefono, sminuendo al contempo la questione dopo che è apparsa sui media.

Insomma, essere condannati o incandidabili non fa più differenza per Renzi, anzi sembra essere diventato un titolo di merito per ricoprire determinati incarichi. Ma ci stupisce che l'opinione pubblica, quella rappresentata dalla stampa cartacea e televisiva, non si scandalizzi più di tanto. Nemmeno per l'ennesima arlecchinata, quella di Schettino che sale in cattedra e riceve applausi a scena aperta durante la presentazione del suo libro. Fino a quando gli italiani con la schiena dritta accetteranno questo atteggiamento, non lo sappiamo. Ci deve pur essere un limite alla sopportazione! Si parla tanto della Grecia, un Paese decaduto a causa della sua classe politica. Ma per quanto ancora staremo inerti a vedere i nostri politici che si esercitano nell'arte del moralismo ad intermittenza, della supponenza a macchia di leopardo, del doppiopesismo ad personam o ad partitum? È su questa misura che verrà determinato il futuro delle prossime generazioni.

di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia
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