Marco Fontana
Marco Fontana
La voce delle Circoscrizioni
Circoscrizioni di Torino
07 marzo 2018

Italia alla prova dei partiti anti-establishment

Smaltita la sbornia per i festeggiamenti o asciugate le lacrime per la disfatta, i vincitori e gli sconfitti della tornata elettorale dovrebbero pur cominciare a pensare al bene del Paese.

Grazie anche a una legge elettorale sciagurata, la consultazione del 4 marzo ci ha consegnato un Parlamento ingovernabile, a meno di una compravendita di onorevoli o di inciuci da palazzo già visti in passato: ma questi ultimi, lo sappiamo, conducono solo a esecutivi azzoppati e incapaci di fornire risposte agli italiani. Deve essere chiaro che la colpa dell'instabilità è da ripartire equamente tra tutti i partiti, anche tra chi aveva avuto il coraggio di negare l'appoggio a queste regole del gioco. È il Partito Democratico ad aver scritto la legge elettorale, ma durante la trasmissione "Porta a Porta" ha auspicato di cambiarla: grottesco teatrino all'italiana. Dal canto suo il centrodestra, Forza Italia in primis, portano il peso di un emendamento — presentato da una loro parlamentare trentina — che affossò il Tedeschellum, un sistema elettorale magari non perfetto ma che avrebbe garantito la governabilità a chi avesse preso un voto in più degli altri. Infine il Movimento Cinque Stelle non mantenendo i patti ha pensato bene coi suoi parlamentari di affossare quella legge, sicuramente più sensata del Rosatellum, utilizzando non la via della chiarezza ma quella dei franchi tiratori (poi svelati, peraltro, attraverso una gestione piratesca d'Aula — a trazione Liberi e Uguali — che palesò un voto che avrebbe dovuto rimanere segreto). Ognuno di questi partiti è pertanto responsabile dell'attuale stato d'incertezza. Quello della legge elettorale non è un argomento che appassiona il lettore medio, ma ogni tanto è opportuno mettere i puntini sulle "i" e chiarire che nessun partito può fingersi oggi una candida verginella.

Ed è veramente triste osservare la palude in cui sta agonizzando il giornalismo italiano: le testate a tiratura nazionale stanno riproponendo per l'ennesima volta la cantilena degli elettori populisti o ignoranti accusati di aver fatto prevalere i candidati peggiori. I cittadini che hanno decretato la vittoria di Luigi Di Maio o di Matteo Salvini vengono descritti in modo caricaturale e indegno, secondo un preciso copione scritto per qualunque occasione in cui vinca chi non fa parte di certe élite. Gli italiani hanno l'unica colpa di aver dato fiducia a chi tenta di dare fiato non ai grandi interessi di piccoli circoli elitari (nazionali o più spesso sovranazionali), ma alla gente comune che in ogni parte d'Europa si sente incompresa e svilita. Tuttavia il mainstream sembra non capire le recenti lezioni della Storia: ghetizzando o ignorando quel mondo che ha votato i "populisti", sta in realtà spianando la via a nuove Brexit, nuovi Trump e nuovi No ai referendum renziani.

Adesso la strada è tutta in salita. Movimento Cinque Stelle e Centrodestra sono agli antipodi come programma elettorale: difficile per loro trovare una sintesi. Il risultato ottenuto dai grillini (li chiamiamo ancora così perché dopo un breve allontanamento per sdoganare l'immagine del partito, il comico genovese è prontamente ricomparso a Roma, strana coincidenza) dovrebbe far gongolare Di Maio e al tempo stesso farlo preoccupare, perchè il consenso avuto al Sud farà pesare le promesse di reddito di cittadinanza e fa nutrire i sospetti sulle zone di voto "grigio". Non è impensabile, infatti, che ad alcuni soggetti facesse comodo orientare i voti per decretare un Paese ingovernabile, movimentando consensi a insaputa dei vertici del partito. L'improvviso cappotto rifilato alle altre coalizioni, dalla Sicilia alla Puglia dove tutti i collegi uninominali sono andati solo a una formazione politica, dovrebbe far suonare qualche campanello d'allarme o almeno alzare la soglia di attenzione. In determinate aree d'Italia, infatti, non c'è niente di meglio dell'ingovernabilità per poter fare ciò che si vuole. Il Movimento perciò è alla prova di maturità e non può fallire, poiché ha assunto impegni ben precisi con gli elettori che vi si sono affidati come ultima spiaggia dopo le delusioni ricevute dalle altre forze politiche.

Il Centrodestra dovrà invece digerire il cambio di leadership al suo interno, se vuole trasformare un 37% di consensi nel 50%. Salvini e la Lega hanno l'occasione per far comprendere di essere validi e pronti come forza di governo, dopo aver recitato per anni il ruolo di mera opposizione. Facile prevedere che il presidente della Repubblica avrà difficoltà ad aiutare questa parte politica: se Mattarella seguirà i passi del suo predecessere, allora sarà più agevole inglobare il M5S in un abbraccio "istituzionale" piuttosto che tentare questa mossa con Salvini. Se affiderà alla coalizione o al partito più votato il compito di verificare se ci sono i numeri per formare un governo, lo scopriremo presto, forse; ma a giudicare dalle dichiarazioni dei leader degli Stati membri dell'UE, sembra che l'Europa sia uscita dal 4 marzo profondamente indebolita.

di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia

 
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