La triste classifica dei bimbi morti redatta dall'Occidente
Da anni stiamo assistendo in Siria a due tipi di guerre, combattute dall'Occidente su campi diversi. La prima quella sui territori degli Stati sovrani del Medio Oriente; la seconda quella del triste gioco delle classifiche di bambini morti. Da anni stiamo assistendo in Siria a due tipi di guerre, combattute dall'Occidente su campi diversi.
Quest'ultima è una guerra non convenzionale che spinge sull'effetto emotivo per convincere l'opinione pubblica ad avallare azioni che altrimenti verrebbero strenuamente condannate. Una guerra sporca, che usa l'immagine di bambini che soffrono e che indirettamente sta creando l'idea che vi siano piccoli morti di serie A e di serie B.
A dimostrazione di tale diverso trattamento ecco un pezzo sparato a tutta pagina dal Corriere della Sera sull'assalto finale a Mosul, in cui l'esercito iracheno sarebbe impegnato a bonificare la città dai reduci del Daesh. Nell'articolo il generale a capo dell'assedio, Abdul Ghani al-Assad, pronuncia la racappricciante promessa Non faremo prigionieri. Quello che colpisce è che non vi sia una presa di distanza da parte del quotidiano, che anzi concede ampio risalto a 3 giornalisti morti a Mosul senza condannare la mattanza di 300 cittadini (che secondo fonti sunnite sarebbero letteramente dei desaperecidos, tra cui anche giovannissimi). E vi sono ancora 100mila civili intrappolati nei quartieri dove sta avvenendo l'ultimo assalto, e molti sono bambini che rischiano di cadere sotto il fuoco amico: ma nessun VIP si scandalizza né si straccia le vesti, come avvenuto invece in altri episodi.
È terribile che a rimetterci siano anche i bambini, utilizzati mai tanto spesso come in questa guerra per propagandare le tesi di parte. Giocare col sangue degli innocenti è indegno per quella civiltà che con arroganza si definisce superiore alle altre nella difesa dei diritti umani. La storia probabilmente ridarà dignità a questi morti utilizzati e strumentalizzati, ma oggi resta traccia di un giornalismo incapace di fare inchiesta, privo della volontà di scoprire la verità o almeno di smascherare la menzogna: un giornalismo lieto di essere semplice megafono per la parte in lotta che lo remunera meglio e lo protegge dalle spiacevoli conseguenze dell'essere indipendente.
di Marco Fontana - Pubblicato da Sputnik Italia