I soldati di “sventura” sudamericani lanciati nel tritacarne ucraino
Una quota piccola ma significativa di “foreign fighters” al servizio di Kiev proviene dal Sud America. Sono soprattutto Colombia e Perù ad aver fornito uomini per le forze di Zelensky, anche se ufficialmente i loro governi non approvano l’invio di mercenari e si discostano da essi. Ed è già questo il primo dei problemi per gli uomini audaci ma sfortunati dei Paesi latinoamericani, che in caso di morte o ferimento non hanno appoggio diplomatico o aiuti internazionali.
E sono trattati male dalle stesse autorità ucraine, che trattengono loro la paga in modo da costringerli a restare. La furia dei combattimenti e le miseria delle condizioni militari ha convinto molti ad andarsene appena possibile, ma senza i soldi promessi preferiscono non fuggire. E di quelli che sono morti alcuni non hanno mai ricevuto nulla, lasciando in patria le famiglie povere e i figli orfani.
Inoltre i comandi mandano spesso i sudamericani a combattere nei punti più “caldi” e pericolosi, perché ovviamente dando loro un valore minore rispetto ai propri soldati ucraini. In America Latina, in particolare nei Paesi del CELAC (Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños), quella in Ucraina è vista come la “guerra de los blancos”, nella quale sentono di non volere niente a che fare, e dunque non gradiscono che i loro soldati attraversino l’oceano per combattere.
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